Sugarcrete è il nome del materiale innovativo che potrebbe rappresentare la svolta ecologica nel settore dell’edilizia. Un progetto dell’Università East London e partecipato dall’istituto per la sostenibilità con il finanziamento dell’Unione Europea, ha scoperto le rivoluzionarie proprietà dei mattoni prodotti a partire da scarti agricoli. In particolare dai rifiuti prodotti nel corso della raccolta e trasformazione della canna da zucchero, attività che interessa la maggiore fetta di mercato agricolo del mondo e che lascia ogni anno milioni di tonnellate di scarti naturali di tipo fibroso.



A partire proprio da questi scarti è iniziato lo studio universitario che poi si è esteso con la collaborazione di aziende produttrici di zucchero, sviluppando un materiale da costruzione, simile al cemento, ma più vantaggioso non solo in termini di costi e sostenibilità ambientale viste le basse emissioni, ma a quanto pare anche migliore come resistenza, durata e capacità di prestazioni. Secondo gli scienziati potrebbe rappresentare il futuro della bioedilizia.



Il progetto Sugarcrete: mattoni ecologici fatti con scarti agricoli di canna da zucchero

Come ha sottolineato nella descrizione del progetto Sugarcrete l’Università di East London, si tratta di un materiale innovativo, fatto partendo dagli scarti di canna da zucchero,  che può essere utilizzato al posto del calcestruzzo nella realizzazione di componenti per edilizia. Questo significa che con una massiccia produzione ed utilizzo, si potrebbe arrivare a ridurre le emissioni di Co2, prodotte attualmente dal settore, di almeno 1,8 miliardi di tonnellate. I mattoni Sugarcrete infatti non hanno bisogno di grandi quantitativi di energia per la produzione, che sono stati stimati in almeno il 20% in meno rispetto a quelli necessari per il calcestruzzo. Quindi l’altro grande vantaggio, oltre all’ecologia, sarebbe proprio quello dei costi più contenuti e della riduzione di materie prime derivate dal petrolio.



Inoltre le caratteristiche fisiche di questo nuovo materiale, si sono rivelate migliori rispetto a quelle tradizionali. E cioè una maggiore resistenza agli agenti esterni, compresa muffa e umidità, la capacità di autorigenerarsi in caso di crepe e danni grazie ad una particolare combinazione di batteri e componenti curativi. Questo li rende sostituti perfetti per le costruzioni, aumentando così anche la resistenza nel tempo delle infrastrutture oltre che i livelli globali di inquinamento.