Marco Mancini, noto ex dirigente dell’Intelligence italiana, ha parlato con il Quotidiano Nazionale degli ostaggi che Hamas ha catturato il 7 ottobre in Israele e che sono ancora nelle sue mani, in qualità di esperto del Medio Oriente, nel quale ha lavorato personalmente per diversi anni. “Secondo le mie fonti”, sottolinea in apertura, “dei 136 uomini e donne rapiti, 45 hanno perso la vita tra i bombardamenti e torture”.



Fortunatamente, però, i negoziati per la liberazione degli ostaggi di Hamas “sono ripresi ieri, nonostante le dichiarazioni di Netanyahu” sull’operazione a Rafah. Yahya Sinwar, leader dei terroristi palestinesi, “sembra irremovibile [sulla] liberazione, fra i 1.500 detenuti palestinesi, di tre capi storici” del movimento palestinese, “in carcere da vent’anni”. Sarebbero “Marwan Al Baruti, il Mandela di Gaza; Abdallah Al Baruti, condannato a 65 ergastoli e Ahanad Sadat”. Tuttavia, su questi prigionieri in cambio degli ostaggi di Hamas, spiega Mancini, “Netanyahu non vuole cedere perché sarebbe considerata un vittoria politica del nemico”, trattandosi a tutti gli effetti di tre “simboli della lotta contro Israele“.



Mancini: “Gli ostaggi di Hamas si trovano ancora nei tunnel”

Gli ostaggi di Hamas, almeno quello ancora in vita, secondo Mancini, si trovano “ancora nei tunnel prevalentemente nel sud di Gaza e presumibilmente nei cunicoli che sconfinano in Egitto”. Con loro ci sarebbero “Yahya Sinwar, che gestisce direttamente gli ostaggi ritenuti più preziosi” e “Mohamed Al Deif, il numero due dell’organizzazione”. Mentre tra i 136 ci sarebbero anche almeno quattro “militari israeliani catturati negli anni scorsi”, seppur “due potrebbero essere già stati uccisi”.



Soffermandosi sui tunnel in cui si trovano gli ostaggi di Hamas, Mancini spiega che “l’esercito di Tel Aviv ne ha distrutti il 50%“, mentre al suo interno di troverebbero “25mila guerrieri” palestinesi ed “altri 15mila sono già stati eliminati”. I tunnel “sono collegati con un’urbanistica che prevede dei percorsi a zera intrecciati e collegati, ad una profondità di 70/80 metri” con “checkpoint protetti anche con 50 miliziani”, ma anche “magazzini, mense, dormitori, sale radio”. La costruzione dei tunnel a Gaza in cui ora trovano riparo i miliziani e gli ostaggi, conclude Mancini, “sono stati costruiti e finanziati da Ismail Haniyeh, capo dell’ala politica di Hamas, che vive in Qatar”.