LICENZIATO E SUICIDA, COLLEGA SINDACALISTA CGIL STRIGLIATA DAL PRETE: “PARLI DI LUI, NON DEL SINDACATO”
Il suicidio è forse uno dei più insondabili e delicati drammi personali e addentrarsi con giudizi “facili” e banalità del caso non lo si augurerebbe neanche al proprio peggior nemico: quanto avvenuto negli scorsi giorni a Pontelongo, provincia di Padova, raconta di un dramma enorme come un suicidio dopo il licenziamento dall’azienda che per 27 anni lo aveva visto dipendente; ma racconta anche di un pudore forse superato di chi sicuramente in buona fede come la collega sindacalista si è lanciata durante il funerale in un discorso contro i “cattivi capitalisti”.
Secondo Piera Meneghetti, delegata CGIL alla Metro di Marghera e collega di P.M. – l’uomo 55enne originario di Padova suicida la settimana prima di ferragosto – la colpa della morte dell’amico è da imputare alla lettera di licenziamento inviata dalla Metro. L’uomo di Pontelongo infatti si sarebbe suicidato appena pochi giorni dopo la decisione dell’azienda: nonostante restino sempre aperte tutte le ipotesi, per la sindacalista le colpe dei “padroni” sono certe e assolute, tanto da prendere parola durante il funerale dello scorso 16 agosto e pronunciare queste parole riportate dal “Corriere del Veneto”.
«L’azienda nei confronti di un dipendente diventa responsabile di quella vita e deve prendersi cura delle persone in quanto esseri umani che hanno bisogno di protezione, di sentirsi importanti e parte integrante di un sistema, piuttosto che risorse da sfruttare e sacrificare in nome del Dio denaro»: a quel punto la tensione durante il rito funebre sale, con il prete di Pontelogno (don Carlo Pampaolon) che interrompe la testimonianza della donna spiegandole davanti a tutti, «Qui non siamo al sindacato, parli solo di lui, se vuole ricordarlo». Secondo le testimonianze, Meneghetti si è scusata e ha proseguito la lettera eliminando alcune parti di diretto attacco ai responsabili del centro commerciale Metro di Marghera.
DRAMMA IN VENETO: LICENZIATO DOPO 27 ANNI PER 280 EURO, COS’È SUCCESSO E QUALI POSIZIONI
Il caso però è giunto alla stampa locale e nazionale, tanto da far emergere come sempre le “tifoserie” nei commenti social: chi si schiera apertamente con la sindacalista Cgil e contro l’azienda, chi al contrario ritiene ingiusta la presa di posizione della collega di P.M., specie durante un funerale. Le colleghe fuori dalla chiesa davanti ai giornalisti presenti hanno però precisato con la sindacalista, «Ti sei scusata, anche se non dovevi, lui meritava quel ricordo. Sappiamo tutti che senza il licenziamento sarebbe ancora tra noi».
Il punto però è un altro, riteniamo: se già davanti ad un dramma come il suicidio occorre la massima delicatezza in quanto non si può conoscere per davvero le profondità recondite dell’animo umano e quanto vi influisce per raggiungere la decisione fatale di togliersi la vita, occorre ancora più “cautela” nell’avventurarsi in attacchi e spiegazioni “facili”. Magari davvero quel licenziamento ha influito, se non del tutto determinato la morte del dipendente: lavoratore modello per 27 anni, mai un richiamo e accusato dalla Metro di aver agevolato alcuni clienti del negozio di Mestre sul trasporto della merce, procurando all’azienda una perdita di 280 euro. “Un errore banale”, si era difeso lui davanti all’accusa dell’impresa che prima lo ha sospeso e poi del tutto licenziato per giusta causa: purtroppo qualcosa è poi scattato tanto da arrivare drammaticamente al suicido.
«Era una persona buona — ha detto il parroco al funerale — forse anche troppo. Una vita dedicata al lavoro, ma che ha attraversato un momento di debolezza. Il mistero della morte è grande, allo stesso modo è grande il mistero di questa morte, che ora la famiglia chiede di rendere più chiaro»: ecco questo riteniamo forse sia il punto più importante. Davanti al mistero della disperazione e della morte occorre capire di più, trovare tutte le possibili motivazioni e infine stare in questi primi attimi dopo la tragedia un “passo indietro” prima di giungere a conclusioni affrettate. Questo chiedeva probabilmente il prete a tutti, colleghi sindacalisti compresi, trovando “stonato” l’attacco durante il funerale dalla delegata Cgil, anche se sinceramente commossa per quanto avvenuto al collega.