Emergenza suicidi in carcere: il 2023 è stato l’anno peggiore di sempre con 68 casi e vittime sempre più giovani. A ribadire l’allarme e la necessità di un cambiamento e dell’introduzione di assistenza psicologica con operatori più preparati è il presidente nazionale dell’ordine degli psicologi, il professor David Lazzari in un’intervista a Vatican News fa il punto della situazione e conferma le lacune e le problematiche che determinano le cause di queste tragedie. Un tema scomodo ma urgente da affrontare, anche perchè alla drammatica statistica dello scorso anno si stanno aggiungendo altri casi, e sono già 4, dal 1 gennaio 2024.



Un aumento preoccupante che va contrastato. Principalmente invocando più attenzione alla prevenzione del fenomeno, ma anche attuando alcune misure alternative alla detenzione che potrebbero almeno migliorare il sovraffollamento negli istituti che è uno dei problemi più gravi. Le alternative all’estero sono molto sperimentate, e hanno successo come percorsi funzionali e non premiali, come afferma Lazzari: “Bisogna chiedersi: qual è l’interesse della società? La sicurezza: allora si deve punire per recuperare e non usare il carcere come una scuola in cui imparare a delinquere sempre di più e sempre meglio”.



Emergenza suicidi in carcere, David Lazzari (Ordine psicologi): “Serve più assistenza per prevenire i gesti estremi”

Il dramma dei suicidi in carcere analizzato dal presidente dell’ordine nazionale psicologi David Lazzari, che intervistato da Vatican News, conferma anche quali sono le principali cause del fenomeno che coinvolge sempre più giovani e con pene minori. Nel 50% dei casi infatti si tratta di persone con pene residue inferiori ai tre anni, e per il 62% di individui che erano solo all’inizio della vita detentiva nel circuito penale. “Questo dato conferma che a far paura non è solo la vita all’interno ma anche all’esterno del carcere“, afferma il professore, aggiungendo: “Un problema per chi già soffre di fragilità e non riconosce più il mondo che lo aspetta una volta finito di scontare la pena“.



Per questo la presenza dello psicologo e dello psichiatra all’interno degli istituti è di fondamentale importanza: “Per evitare i gesti estremi e vigilare sulle situazioni di rischio, specialmente su chi è affetto da problemi mentali o ha dipendenze“. La proposta quindi è quella di istituire un’apposita figura professionale, quella dello “psicologo penitenziario” che con formazione adeguata e multidisciplinare potrà agire, anche alleviando la responsabilità delle guardie carcerarie. Una delle professioni più stressanti e per la quale i lavoratori sono ad alto rischio burn out.