Continua – e peggiora – il tristissimo aumento dei suicidi in carcere, con un 2024 che sembra avere tutte le carte in regola per segnare un nuovo (ancora una volta: tristissimo) primato a livello nazionale, dopo l’aumento vertiginoso che si era già visto lo scorso anno. La ragione per cui torniamo a parlarne come abbiamo già fatto molte altre volte su queste pagine è legata al fatto che in sole 24 ore tra venerdì e sabato si sono registrati ben quattro suicidi – tra il carcere di Ariano Irpino, quello di Biella, di Sassari e di Teramo – che portano il totale a 44 casi: in altre parole, nei penitenziari italiani è morta circa una persona ogni 3 giorni e mezzo, con un tasso di circa 12 casi ogni 10mila detenuti.



Un numero che di per sé potrebbe non significare nulla, ma che assume un senso del tutto diverso se si aggiunge all’equazione che in tutto il territorio nazionale i suicidi (con dati dell’Oms del 2019) arrivano a malapena ad 1 caso – esattamente 0,67 – ogni 10mila persone. A rendere ancora peggiori i dati sui suicidi in carcere ci sono quei circa 16 casi sui 44 totali che riguardano detenuti che erano ancora in attesa di giudizio; mentre a maggio l’associazione Antigone aveva calcolato anche 28 casi in cui i detenuti erano stati reclusi da poco tempo e altri 14 che erano in lizza per ottenere una misura alternativa, oppure erano prossimi alla fine della loro pena.



L’appello dell’associazione Antigone: “Meno carcere duro e più pene alternative, o i suicidi aumenteranno ancora”

“Quella dei suicidi in carcere è un’emergenza nazionale”: è l’appello che arriva dall’associazione Antigone, per mezzo del presidente Patrizio Gonnella che ricorda anche come “se in una città di 60mila abitanti si suicidassero 44 persona in pochi mesi non parleremmo di altro”. Una provocazione fine ad appellarsi direttamente a “Governo e Parlamento” affinché si occupino delle morti tra i detenuti “in via prioritaria, anche a fronte di una situazione di sovraffollamento sempre più grave, con oltre 14.000 persone detenute senza un posto regolamentare” con tutte i problemi connessi – oltre che al fenomeno dei suicidi in carcere – anche alle difficoltà per “gli operatori penitenziari”.



Secondo Gonnella una possibile soluzione potrebbe arrivare da una generale “riduzione del peso sulle carceri attraverso la concessione di misure alternative“, ma anche attraverso la “liberalizzazione delle telefonate”, una generale “modernizzazione della pena carceraria” con più “iniziative” per i detenuti, senza dimenticare il sempre necessario aumento del personale assunto. Sempre Gonnella ha anche chiesto – non per la prima volta – lo stralcio del “ddl sicurezza” che andrebbe – a suo dire – “verso una strada che l’opposto di quanto servirebbe” con l’introduzione del reato di “rivolta penitenziaria” che non lascerà ai detenuti alterative per sfogare le loro frustrazioni differenti dal “proprio corpo, con un prevedibile aumento di atti di autolesionismo e suicidi in carcere“.