VIA LIBERA AL FARMACO PER IL SUICIDIO ASSISTITO DI “ANTONIO”

Antonio” – nome di fantasia per il paziente delle Marche tetraplegico dal 2014 a seguito di un terribile incidente – sarà il secondo cittadino italiano che potrà accedere legalmente al suicidio assistito: dopo un braccio di ferro durato mesi con l’autorità sanitaria regionale, l’uomo seguito dalla Associazione Coscioni ha ricevuto l’ok per il farmaco “fine vita”, lo stesso sfruttato da Federico Carboni detto “Mario”, morto il 16 giugno scorso a Senigallia (Ancona, sempre nelle Marche). «Antonio è riuscito a far valere il proprio diritto di vedere rispettata la sua volontà di accedere al suicidio medicalmente assistito», fa sapere l’associazione guidata da Filomena Gallo e Marco Cappato. Prosegue dunque il dibattito su eutanasia e suicidio assistito: la differenza sta che nel primo caso la morte viene data da un medico, nel secondo invece tutto viene predisposto ma è poi il paziente ad assumerlo materialmente. Se nel caso, anch’esso recente di Fabio Ridolfi, si scelse la sedazione profonda come modalità per darsi la morte – in protesta contro il parere dell’Asur Marche che ritardava la concessione del farmaco per il suicidio assistito, in conformità alla sentenza della Consulta sul caso Dj Fabo-Cappato – per “Mario” e ora anche “Antonio” il via libera dell’Asur Marche è arrivato.



Va ricordato che la procedura del suicidio assistito in Italia è legale solo in conformità delle 4 condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale nel 2019: «proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente». Sul caso di “Antonio” mancavano i pareri sul farmaco e sulle modalità di auto somministrazione: «il Tiopentone sodico e i dosaggi indicati risultano compatibili agli scopi prefissati dal sig. “Antonio”», spiega ancora l’Associazione Coscioni, aggiungendo come il parere emesso all’unanimità dalla Commissione delle Marche «conferma quanto indicato dalla relazione del dott. Mario Riccio, medico anestesista e consulente del collegio legale di “Antonio”, in cui si individuano il farmaco idoneo e le modalità di autosomministrazione più opportune per attuare la richiesta di suicidio assistito formulata da Antonio».



PARLA “ANTONIO” DALLE MARCHE: “SUICIDIO ASSISTITO PERCHÈ DIPENDO DA ALRI”

Ora “Antonio” è ufficialmente “libero” di scegliere quando e se procedere con il suicidio assistito: il dramma insomma si ripete, esattamente come avvenuto tanto nel passato – quanto ancora non c’era la sentenza della Corte – quanto di recente, con i casi di Fabio, Mario, Elena e tutti gli altri che chiedono a gran voce di poter essere liberi di darsi la morte. Come ha spiegato Filomena Gallo al “Corriere della Sera”, “Antonio” dopo il via libera delle Marche al farmaco “eutanasico” non ha deciso per procedere immediatamente: «Ora devo mettere tutte le cose in ordine, in modo da decidere in piena serenità. Non ho una scadenza», ha detto l’uomo tetraplegico dal 2014 a seguito di un incidente. Qui però si staglia una forte differenza rispetto ad altri casi legali alla volontà di togliersi la vita con “l’aiuto dello Stato”: come infatti ammette la stessa Gallo, la vita di Antonio non è quella di chi si trova in coma, o che è attaccato al respiratore, o che non è lucido lentamente. Lui usa quotidianamente computer e cellulare, si getta con il paracadute, ha ripreso la patente e guida con l’auto attrezzata alle sue condizioni; va in palestra per la fisioterapia, ha una cosa tecnologica con montacarichi che gli consente gli spostamenti. Non solo, è sostenuto da genitori e due fratelli che lo amano, tanti amici che lo vanno a trovare di continuo.



E allora, chiede Filomena Gallo ad “Antonio”, «tu hai una condizione di disabilità diversa dagli altri: perché vuoi morire?»: la risposta data da “Antonio” è spiazzante e viene riportata integralmente dal “Corriere”. «Perché questa non è più la mia vita. Perché dipendo in tutto dagli altri. Perché quando resto solo evito agli altri di vedere la mia sofferenza, gli spasmi. Non è la vita che voglio portare avanti»: è per questo motivo che ha aveva paventato di andare in Svizzera per “darsi la morte” qualora non fosse giunto il via libera al farmaco sul fine vita. L’incidente del 14 giugno 2014 in moto gli ha cambiato la vita e ora quel tipo di esistenza non viene più accettata da “Antonio”, il quale ha tenuto la moto dello schianto e si dà la colpa per quanto avvenuto, «Non è colpa della moto. È stata colpa mia, che avevo bevuto». Non ci sono ripensamenti, “Antonio” ha deciso: si darà la morte, con l’ok della Regione e, indirettamente, dello Stato: «alla notizia della conferma del farmaco e delle modalità che potrò seguire, sono felice di poter avere vicino i miei cari qui con me, a casa mia fino all’ultimo momento. Inizio ora a predisporre ogni cosa al fine di procedere in tempi brevi con il suicidio assistito», conclude l’uomo che ha scelto di non vivere più.