CAOS SUL SUICIDIO ASSISTITO NELLE MARCHE: IL “CASO” ANTONIO

Fabio Ridolfi, “Mario” (al secolo Federico Carboni) e ora anche “Antonio”: i casi in Italia negli ultimi mesi sul fronte suicidio assistito hanno raggiunto più volte le cronache nazionali aggiungendo “pepe” ad dibattito già piuttosto delicato dopo la bocciatura della Consulta su Referendum sull’eutanasia. Nel caso di Fabio prevalse la scelta della sedazione profonda in protesta contro il parere finale che non arrivava dall’Asur Marche; per Mario invece è stato il primo caso ufficiale in Italia di suicidio assistito secondo la sentenza Dj Fabo-Cappato della Corte Costituzionale.



Per “Antonio”, 44enne paziente marchigiano tetraplegico dal 2014 – assistito sempre dall’Associazione Luca Coscioni – lo scontro a distanza con le autorità sanitarie di Regione Marche resta ancora fortissimo: dopo mesi di attesa, e dopo una denuncia pubblicata contro la Regione guidata da Donatella Tesei, il paziente “Antonio” ha ricevuto la risposta sugli esiti delle verifiche effettuate dalla Commissione medica istituita presso l’ASUR Marche. Ebbene, il parere medico conferma che vi siano tutte le condizioni per accedere al suicidio medicalmente assistito ai sensi della sentenza costituzionale. Il problema è che, esattamente come avvenuto con Fabio Ridolfi, il “nodo” del farmaco sta allungando i tempi sul via libera finale.



“ANTONIO” ATTACCA L’ASUR MARCHE (E LO STATO)

«Questa impasse era stata il motivo per cui Fabio Ridolfi aveva rinunciato al percorso di suicidio assistito, decidendo di procedere come non avrebbe voluto, ovvero con la sospensione delle terapie previa sedazione profonda. La Commissione medica avrebbe potuto fornire indicazioni sul farmaco e sulle modalità di autosomministrazione, anche alla luce del parere già reso per Federico Carboni, ma ha preferito che invece fosse Antonio a fornire tali elementi», sottolinea Filomena Gallo, segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e membro del collegio legale* di “Antonio”. Per la responsabile dell’associazione che ha già seguito “Mario” e Fabio nei mesi passati, «Proprio al fine di snellire le procedure e di facilitare l’attività di verifica della Commissione medica dell’ASUR Marche, come collegio legale abbiamo inviato una comunicazione all’ ASUR allegando la relazione del dottor Mario Riccio, in cui si individuano il farmaco idoneo e le modalità di autosomministrazione più opportune per Antonio».



Il paziente ha posto lascito scritto – confermato anche di recente – di voler accedere alla morte medicalmente assistita ma nel parere della Commissione medica si legge un ulteriore ostacolo oltre al nodo del farmaco: «Il Comitato etico prende atto che Antonio possiede le condizioni previste dalla sentenza Cappato-Antoniani ma fornisce un parere negativo sulla base del fatto che pur sussistendo tutti i requisiti, incluso quello relativo alla scelta consapevole del malato, sia opportuno tentare di rafforzare l’assistenza e le cure palliative». Al ritardo nella decisione finale, “Antonio” lamenta tanto contro la Regione quanto contro lo Stato per l’impossibilità al momento di arrivare a suicidio assistito medicalmente: «Questa attesa è molto lunga. È chiaro che ho i requisiti ma manca la parte di parere sul farmaco – che poi è uguale per tutti. Sembrano pretesti per prendere tempo contro la mia volontà che invece è ferma, mi propongono assistenza come se fossi un bambino da convincere, per  quale motivo?». Secondo “Antonio” l’opzione dell’eutanasia all’estero, al momento, è l’unica via percorribile: «Sono capace di autodeterminarmi, ho ben presente la mia realtà, non mi mancano assistenza, affetti, cura. Farò prima se vado in Svizzera, sto valutando di riaprire la pratica iniziata». La speranza del paziente è di arrivare presto ad ottenere il via libera in Italia, anche se resta apertissimo il problema etico-politico alla base dell’intera vicenda “suicidio assistito”: «L’Azienda sanitaria delle Marche “condannata” perché non vuole dare la morte a un tetraplegico che la chiede? Dopo la vicenda di “Mario”, un altro tentativo di spingere verso il diritto di morire», ribadiva il quotidiano dei vescovi “Avvenire” lo scorso 1 febbraio 2022, quando emerse a livello nazionale il caso di “Antonio”.