Lo scorso 29 luglio, mettendo al voto la dichiarazione, il Comitato nazionale di bioetica per la prima volta ha approvato una linea che, pur non approvando l’eutanasia, lascia intendere che il suicidio assistito non sia omicidio, come nel recenti caso della morte di DJ Fabo accompagnato a morire da Marco Cappato del Partito radicale come invece lo considera oggi la legge italiana, e aprendo dunque una porta alla sua approvazione almeno dal punto di vi sta medico scientifico. A settembre è po attesa la sentenza della Consulta s chi aiuta una persona a togliersi la vita. Sono tutti pareri ovviamente, ma che potranno influenzare una eventuale legge, che al momento, per le grandi divisioni nel quadro politico, sembra ancora lontana. La minoranza cattolica presente nel Cnb si è espressa ovviamente per il no: “a difesa della vita deve essere affermata come un principio essenziale in bioetica quale che sia la fondazione filosofica/religiosa di tale valore. Il compito inderogabile del medico è il rispetto assoluto della vita dei pazienti.



ATTESA LA DECISIONE DELLA CONSULTA

Agevolarne la morte segna una trasformazione inaccettabile del paradigma del curare e prendersi cura”. Ma si tratta appunto di una presenza minoritaria, i sì hanno avuto la meglio sostenendo che “che il valore della tutela della vita vada bilanciato con altri beni costituzionalmente rilevanti, quali l’autodeterminazione del paziente. Un bilanciamento che deve in particolare tenere conto condizioni e procedure di reale garanzia per la persona malata e per il medico”. C’è anche chi si pone a metà sottolineando “i concreti rischi di un pendio scivoloso e cui condurrebbe nell’attuale realtà sanitaria una scelta di depenalizzazione o legalizzazione del cosiddetto suicidio assistito medicalmente, modellato sulla falsariga di quello effettuato in alcuni Paesi europei”.

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