Salvatore Attanasio, padre dell’ex ambasciatore italiano Luca ucciso nel 2021 in Congo assieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo, da quasi tre anni non riesce a darsi pace per un caso che è stato affrontato con troppa superficialità dalle istituzioni. Domani, infatti, si aprirà il processo in Italia a carico degli imputati, già frettolosamente condannati in Congo, ma senza ricostruire l’accaduto di quel 22 febbraio di tre anni fa.
Il processo, è l’augurio del padre di Luca Attanasio espresso in un’intervista a La Verità, “spero possa portare alla verità”. Sulla vicenda, però, ci tiene a precisare come lui e i suoi familiari, dopo la morte dell’ambasciatore, nonostante all’inizio “abbiamo avuto la sensazione che le istituzioni fossero al nostro fianco (..) quando è iniziato il processo, purtroppo, lo Stato ha deciso di non presentarsi come parte civile.Ci aspettavamo una presenza più incisiva”, spiega il padre di Luca Attanasio, anche perché questo comportamento lancia “un pessimo messaggio” da parte di uno Stato che dovrebbe “difendere i suoi cittadini”, ma si rifiuta di farlo “per un suo ambasciatore e un suo carabiniere”.
Il padre di Luca Attanasio: “La storiella del rapimento non sta in piedi”
La parte peggiore del mancato aiuto da parte dello Stato, e il padre di Luca Attanasio ci tiene a precisare di non avercela “con nessuno in particolare” ma con l’istituzione in generale, è che nessuno “ha motivato la decisione” di ritirarsi dal processo ai diretti interessati, “c’è stato solo silenzio. Governo e istituzioni si sono fatti sempre sentire prima”, racconta Salvatore, ma “dopo la decisione di uscire dal processo nessuno ha più voluto avere rapporti con noi“.
Silenzio, quello su Luca Attanasio, che non ha riguardato solo lo Stato italiano, ma anche “l’Unione Europea”, perché l’ambasciatore pur essendo un rappresentate dell’Italia, “lo era contemporaneamente anche dell’Europa”. Complessivamente, inoltre, Salvatore e la famiglia di Luca rigettano anche l’idea, perpetrata durante il processo congolese, del rapimento andato male, perché “la storiella non sta in piedi ma fa comodo a tutti”. Basterebbe, infatti, secondo il padre di Luca Attanasio, farsi una semplice domanda: “chi è il rapitore che uccide il suo ostaggio, che è la sua fonte di guadagno? Nessuno. Mezz’ora prima nello stesso punto”, ricostruisce Salvatore, “era passato un convoglio identico e non gli è successo niente. Eppure gli assalitori erano lì da due giorni. È evidente che stavano aspettando il convoglio di mio figlio“.