Nathalie Becquart, nominata a febbraio da Papa Francesco sottosegretario del Sinodo dei vescovi, è divenuta la prima donna nella storia dell’umanità con diritto di voto all’assemblea sinodale. Si tratta di una svolta epocale, come sottolinea Il Quotidiano Nazionale, tenendo conto che l’assemblea sinodale è storicamente un istituzione maschile e clericale. “Mi sento una piccola donna al cospetto di tante altre migliori di me – commenta la decisione la stessa teologa francese, suora saveriana (che non porta il velo) – che mi hanno preceduto e che verranno in futuro. La mia condizione rappresenta il segno di un processo salutare di cambiamento in atto nella Chiesa. Per fortuna non sono sola, condivido la mia esperienza con un network di altre cristiane impegnate in questo processo sinodale, perché possano far sentire la loro voce”.



Il giornalista ha quindi chiesto a Nathalie Becquart quali siano le difficoltà che una donna incontra nella Chiesa: “Vi sono realtà, che sperimentano un dialogo e un mutuo ascolto fra i sessi davvero proficuo, da coltivare e condividere col resto del popolo di Dio, e altre in cui tutto questo incontra delle resistenze. Diciamo che in linea generale la difficoltà di farsi realmente ascoltare e coinvolgere nei processi decisionali esiste ancora, anche se il cambiamento è in corso”. Nathalie Becquart non nasconde comunque il fatto che la Chiesa abbia alle spalle una “storia plurisecolare e una maniera di organizzarsi contrassegnate da una visione patriarcale, oltreché da una forte preminenza episcopale. Detto questo, ravviso degli sforzi in atto a tutti i livelli, comprese le dinamiche di relazione interne al Vaticano”.



SUOR NATHALIE BECQUAR: “IN OCCIDENTE IL DIRITTO DI VOTO È CENTRALE MA…”

E a riguardo l’eguaglianza fra uomini e donne nei processi decisionali è proprio un segno dei tempi moderni nella società come nella Chiesa: “Sì, lo è, d’altronde Dio ci ha creati diversi ma uguali, non uno subordinato all’altro. Nelle Chiese locali ci sono tante donne e molti uomini desiderosi dj continuare il processo avviato, teso a un cambio di mentalità che cancelli una visione patriarcale nella società e nella Chiesa”.

In merito all’importanza di una votazione “in rosa” nel Sinodo dei vescovi, la teologa transalpina aggiunge e conclude: “Almeno qui in Occidente viviamo in contesti democratici dove il diritto di voto ha la sua centralità. È un simbolo, il segno di una visibilità che non va sottovalutata. Perciò capisco il desiderio di queste fedeli, tuttavia, nella visione integrale della sinodalità, il suffragio non è tanto importante. Ciò che conta davvero è che tante donne possano portare la loro esperienza e le proprie competenze al centro del dibattito”.