Fa discutere il caso delle suore arrestate a Washington – insieme ad alcuni preti, frati e laici – per essersi sdraiate nella storica rotonda del Russell Office Building, il principale edificio del Senato degli Stati Uniti. Le suore intendevano protestare contro la politica del presidente Trump sull’immigrazione. L’immagine di Pat Murphy, novantenne suora della Misericordia, arrestata mentre mostra la fotografia di un bambino di otto anni morto in un centro di detenzione per immigrati, è già diventata un’icona internazionale.
L’episodio si presta a tre commenti. Primo, dal punto di vista morale le suore hanno le loro buone ragioni. Praticamente tutti gli osservatori internazionali concordano sul fatto che ci sono asprezze non necessarie nel trattamento degli immigrati, specie minori, ai confini con il Messico. Le guardie e i funzionari dell’immigrazione non sono abituati a trattare con bambini, non sanno come gestirli, e spesso perdono la pazienza. E certe condizioni di detenzione, già discutibili per gli adulti, sono inaccettabili per i bambini.
Secondo, dal punto di vista legale le suore non possono che avere torto. L’arresto era inevitabile, dal momento che le fotografie mostrano chiaramente che le suore e i loro sostenitori bloccavano l’ingresso all’edificio. Ci sono certamente molte buone cause per manifestare a Washington, come altrove, ma se tutti si comportassero come le suore il Senato non potrebbe più lavorare o dovrebbe trasferirsi altrove, così tra l’altro privando queste dimostrazioni del loro scopo simbolico e propagandistico.
Terzo, che cosa significa la protesta dal punto di vista politico? Probabilmente le suore miravano precisamente a farsi arrestare – sono state rilasciate in giornata – per creare un maggiore effetto mediatico e produrre qualche fotografia da prima pagina. A beneficio dei fotografi, alcune suore e frati – non tutti – hanno perfino rispolverato l’abito religioso. Cercandoli su Google, si scopre che normalmente non lo portano.
Ma questo effetto di chi va a beneficio? Qui cominciano i problemi perché può darsi che le suore, pensando di realizzare un persuasivo spot elettorale anti-Trump, abbiano semplicemente messo in scena una spettacolare predica ai già convertiti. Quello che appare, ed è spettacolarizzato, come buonismo nei confronti degli immigrati e di altre minoranze – al di là delle buone ragioni citate – è condiviso, secondo i sondaggi, da una percentuale decisamente minoritaria della popolazione americana.
Un sociologo politicamente schierato a sinistra come Joel Kotkin lo ha spiegato in un articolo diventato rapidamente popolare. L’America, sostiene, si divide in quattro classi. I super-ricchi contano per i soldi che versano nelle case dei candidati, non per i voti, visto che rappresentano lo 0,1% della popolazione. C’è poi un 15% di intellettuali, professionisti e giornalisti concentrati nelle grandi città. Il resto, cioè la grande maggioranza, si divide tra piccoli proprietari colpiti dalla crisi economica, che in genere non vivono nelle metropoli, e quelli che Kotkin chiama “nuovi servi” e che sono a vario titolo poveri.
I super-ricchi si dividono da sempre fra democratici (in maggioranza) e repubblicani, e non si faranno impressionare dalle suore. Queste delizieranno il 15% di intellettuali liberal, i quali controllano i grandi media, con cui però i cittadini che fanno parte del terzo e del quarto gruppo hanno sempre meno contatti. Questi ultimi hanno buoni motivi sia per votare Trump, sia per non votarlo, ma quello che sappiamo per certo è che tra loro la difesa a spada tratta degli immigrati non è popolare. Il buonismo ha prima infastidito, poi causato reazioni contrarie di crescente violenza. Le battute di Trump contro le candidate democratiche i cui genitori o nonni erano immigrati non sono una forma di razzismo casualmente sfuggita a un Presidente che si fa prendere la mano da Twitter. Sono studiate a tavolino, e Trump sa che fanno indignare i democratici, gli intellettuali, i giornalisti e magari anche le suore, ma piacciono al suo lettorato di riferimento – che non sta né a New York, né in California, due Stati dove al solito Trump non farà neppure campagna, dandoli per già persi.
Il problema, negli Stati Uniti come nell’Italia di Salvini, è che il buonismo genera cattivismo. Qualche anno fa le immagini di bambini messi dietro le sbarre – è accaduto alla frontiera con il Messico -. suore arrestate e migranti ricacciati in mare avrebbero danneggiato chi ne fosse stato ritenuto politicamente responsabile. Oggi è più probabile il contrario. La politica si è imbarbarita e il cattivismo porta voti: qualche cosa che gli oppositori di Trump (e di Salvini) fanno moltissima fatica a capire.