LA DENUNCIA DELLE SUORE AZIONISTE ALLA BANCA CITIGROUP: ECCO PERCHÈ

Lo scorso 31 marzo l’ordine delle Suore di San Giuseppe della Pace ha depositato una dichiarazione di esenzione dalla sollecitazione di deleghe, invitando gli azionisti di Citigroup (multinazionale Usa con banche di investimento di cui hanno una piccola quota le suore assieme ad altri gruppi religiosi, ndr) a votare contro una proposta degli azionisti, che «richiedeva una relazione sul rispetto dei diritti dei popoli indigeni, in occasione dell’assemblea annuale degli azionisti della Società che si terrà il 25 aprile 2023». Lo rivela oggi un approfondimento del Financial Times dove viene resa pubblica lo scontro controverso interno a Citigroup Inc. tra le Suore di San Giuseppe della Pace e la stessa banca: il tema è anch’esso complesso in quanto riguarda la richiesta del gruppo religioso a Citi per farle cambiare strada e “pentirsi” dell’aver sovvenzionato società coinvolte in «controversi oleodotti in Nord America».



L’assemblea generale di Citigroup si terrà il prossimo 25 aprile, con le suore che minacciano “battaglia” tra gli azionisti affinchè il Cda riferisca su cosa sta facendo a livello concreto «per proteggere i diritti delle popolazioni indigene interessate dalle sue decisioni di finanziamento di progetti e imprese». La congregazione di suore assieme ai tre cofirmatari di altri gruppi religiosi affermano che Citigroup avrebbe fornito «oltre 5 miliardi di dollari alla [società di oleodotti] Enbridge, consentendo il passaggio degli oleodotti Enbridge Linea 3 e Linea 5, ampiamente osteggiati». Quegli oleodotti portano petrolio dagli Usa al Canada e sono collegati a diverse denunce negli ultimi mesi per diverse fuoriuscite di greggio: «i progetti di sostituzione e deviazione delle linee sono stati osteggiati dalle comunità indigene, che sostengono che siano dannosi per le loro terre e i loro modi di vita», rileva ancora il FT riportando le denunce delle suore.



CITIGROUP REPLICA ALLE SUORE: ORA COSA SUCCEDE

In attesa dell’assemblea va però registrata la netta replica degli altri azionisti di maggioranza in Citigroup: il resto del gruppo di investimento chiede agli altri azionisti di opporsi alla risoluzione della Congregazione di suore, affermando che «non è vero il finanziamento di progetti della linea 3 e della linea 5 di Enbridge». Secondo quanto riporta però il Financial Times, una risposta presentata in aprile dall’autorità di regolamentazione aveva già sollevato il “nodo”: secondo le suore, Citigroup avrebbe fornito 5 miliardi di dollari alla società Enbridge tra il 2016 e il 2020; proprio quei soldi avrebbe permesso di realizzare progetti come la Linea 3 e la Linea 5.



Dopo la smentita secca di Citigroup, le Suore di San Giuseppe della Pace hanno controreplicato che la banca «fa affermazioni sulle sue attività di finanziamento relative ai progetti di oleodotto Enbridge Line 3 e Line 5 nel tentativo di minimizzare il suo ruolo nel consentire questi progetti». L’impegno di alcune associazioni e ora pure di ordini religiosi contro il cambiamento climatico non è un fatto “nuovo” ma rischia ora di entrare addirittura nelle dinamiche economiche e commerciali nella ultra-capitalista America: non sono poche le battaglie intraprese all’interno della Chiesa volte a impedire alle banche di finanziare le industrie inquinanti (o presunte tali). «Citigroup ha la responsabilità di garantire che le sue attività commerciali non contribuiscano alle violazioni dei diritti indigeni», denuncia Suor Susan Francois, tesoriera delle Suore di San Giuseppe della Pace. «Gli investitori sono preoccupati nel vedere Citigroup che permette di finanziare progetti come la linea 3 e la linea 5 della Enbridge e le operazioni di estrazione di petrolio e di gas… che minacciano il nostro clima, la salute pubblica e le comunità indigene», conclude la congregazione presente in Usa e in Regno Unito. La battaglia delle suore si unisce a quella delle Ong per la finanza climatica, come “Stop the Money Pipeline”: «La banca sa fin troppo bene che il denaro che ha fornito alla Enbridge ha permesso alla società di finanziare i dannosi progetti della Linea 3 e della Linea 5», denuncia Arielle Swernoff, responsabile della campagna della ONG. Nell’ultima assemblea generale Citi aveva però messo nero su bianco quanto segue: «In settori sensibili come quello del petrolio e del gas, Citi esamina i clienti per valutare le politiche e le pratiche ambientali e sociali e per identificare se le operazioni di questi clienti possono comportare rischi potenziali per aree sensibili come le comunità indigene o le terre tradizionali, o le aree ad alta biodiversità». Il tema ora è capire se questi principi siano stati violati: secondo le suore sì, il board di Citigroup invece smentisce.