Nell’Isola di San Giulio, a Novara, vivono 68 suore di clausura all’interno dell’Abbazia Mater Ecclesiae fondata nel 1973 da Madre Anna Maria Cànopi. “La più giovane ha 27 anni, la più anziana 90. Adesso l’età media della scelta è intorno ai 35 anni. Ormai la maggior parte è laureata: abbiamo insegnanti, presidi, economiste, avvocati, architetti, medici e infermiere” racconta la badessa, sentita dall’inviato de Il Corriere della Sera, sfatando alcuni dei miti che aleggiano attorno alle suore di clausura. In questo monastero, tutta la comunità segue la Regola dettata da San Benedetto da Norcia nel 534.



Nel monastero non sono presenti la televisione, la radio, neanche i cellulari sono ammessi per le consorelle. Tramite posta arrivano i quotidiani e i settimanali cattolici. Internet c’è, ma viene utilizzato per poche cose che siano davvero essenziali, come la gestione e lo smistamento dei pellegrini che richiedono ospitalità in questo luogo. “C’è chi dice che la nostra vita sia sprecata, quando ci sarebbe bisogno di andare sui fronti dove imperversa la battaglia della povertà – riconosce la badessa, sentita da Il Corriera della Sera – La nostra è anzitutto una chiamata missionaria. Ma è una chiamata alla sorgente del cuore di Dio, per essere interconnesse agli altri attraverso il dono della preghiera”.



Suore di clausura, “il Signore ci lascia sempre la libertà”

Suore di clausura a Novara, la maggior parte di loro possiede una laurea e ha scelto di devolvere la propria vita alla preghiera e a Dio, qualsiasi fosse la sua occupazione prima di ricevere la propria chiamata. La badessa dell’Abbazia Mater Ecclesiae, sull’Isola di San Giulio, ha spiegato a Il Corriere della Sera che in merito alla loro decisione di divenire suore e abbracciare la devozione a Gesù “il discernimento serve a scoprire la vera vocazione, la luce che porta a una scelta per tutta la vita, senza più ripensamenti, con la consapevolezza che la comunità monastica ti sarà accanto e ti sorreggerà nel cammino. Questo per noi non è un ripiego, non è un rifugio, è una scelta di vita”.



In merito all’esistenza delle guerre, la badessa confessa che “anche a noi viene da pensare”, eppure sottolinea come “ il Signore ci lascia sempre la libertà, e il male tante volte è frutto del nostro peccato. Noi possiamo associarci alla sua croce nei momenti di dolore e di buio”. Assieme alle consorelle, nel monastero sono presenti anche le novizie e alcune donne in discernimento vocazionale, che hanno sentito la chiamata in momento e circostante differenti delle loro vite così diverse l’una dalle altre.