Chi lo conosce bene è sicuro: se c’è uno sconfitto, non è lui. Giampiero Ventura, 63 anni, saluta il mare agitato della Puglia e torna a meditare nel suo lido prediletto, quello genovese, da dove ha costruito una carriera densa di successi. Anche a Bari, malgrado persino il tifoso biancorosso meno ottimista lo veda col broncio, ha lasciato tracce del suo credo. Quello di un calcio tutto corsa, tecnica e fantasia, ma soprattutto “libidine”. Già, ecco la parolina magica che ha contraddistinto le sue esperienze, al servizio di patron dall’aria fumantina, dal vulcanico Cellino a Cagliari sino all’altrettanto “capriccioso” Matarrese. Se ne va lasciando la sensazione di aver plasmato una realtà che, a dispetto dei soloni di turno, resterà nei ricordi di chi gli ha voluto bene per un’annata intera, prima di rimbrottarlo a suon di parolacce e “spintoni” di turno nella settimana più bollente di una delle stagioni più maledette della storia del Bari.
Proprio ieri l’Uefa ha ufficializzato i numeri del calciomercato europeo appena andato in archivio: 235 milioni di euro hanno viaggiato da un capo all’altro del Vecchio Continente, per un totale di 2451 trasferimenti. Numeri astronomici, cui la dirigenza biancorossa ha contribuito, per forza di cose, alla sua maniera. Codrea, Okaka, Huseklepp, Bentivoglio, Rudolf e compagnia girante hanno “arricchito” la rosa a disposizione di Ventura. Che, per sua stessa abitudine, ha accettato non senza lesinare commenti da par suo. Come le parole rilasciate a una tv locale: «Con Giovinco avevo già parlato e lui si era espresso positivamente su un’eventuale trasferimento a Bari. Solo che la società non l’ha preso per motivi economici…». Mercato, dunque, in tono minore, quello del club affidato da Matarrese alla saggia esperienza di uno scafato ds quale Guido Angelozzi.
Il tecnico dalla perenne abbronzatura frutto della salsedine genovese non se n’è fatto un cruccio, ma ha proseguito dritto per la sua strada. Ma la cocente delusione per una stagione nata alla grande con la vittoria sulla Juventus all’esordio e conclusa in modo orrendo, anche per via di una caterva di infortuni che hanno falcidiato la rosa, non deve ingannare. La stagione 2009-2010 sarà ricordata come una delle più strabilianti per i tifosi del Bari. In Europa (e non solo) del gioco espresso dai pugliesi si è parlato a lungo: movimento costante, palla agli esterni che sgroppavano sulla fascia senza opposizione alcuna e risultati accumulati in serie, anche grazie al supporto di due centraloni dall’avvenire assicurato: i bianconerazzurri Ranocchia e Bonucci.
Già, come al Pisa, che un paio di stagioni fa “rischiò“ la promozione in serie A, tanto da far rivivere sotto la Torre pendente i fasti dell’era Anconetani. Anche in Toscana l’esperienza terminò prematuramente l’anno successivo, ma il sigillo di Ventura sarebbe rimasto impresso nel tempo. Magari a Bari faranno più fatica ad accettare il fatto che se n’è appena andato via un tecnico che, a detta di tutti, vinceva divertendo. Missione impossibile in un calcio italiano da anni noioso come pochi al mondo. Poi, chiaro, si volta pagina, magari il neo-arrivato Mutti farà l’impresa in una realtà in cui il senso della sconfitta pare ostacolo insormontabile. Ventura, paradossalmente, nel mezzo del caos, esce meno battuto degli altri. Tanto è vero che a Marassi e dintorni già si sono aperte le scommesse: a giugno tornerà in sella, anzi ri-tornerà. Alla corte di Garrone…