L’Istituto superiore di sanità (Iss) è al lavoro per produrre un vaccino che sostanzialmente, come ci ha spiegato in questa intervista il professor Roberto Caudadocente di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore, “potrebbe garantire la durata nel tempo della memoria immunitaria”, cioè evitare di ripetere ogni anno il vaccino stesso come si usa in molti casi analoghi. Se si riuscisse ad arrivare a questo risultato, sarebbe notevole nella lotta al Covid, permettendo non solo di risparmiare cifre enormi, ma anche di garantire maggiore tranquillità alla popolazione.



La caratteristica di questo studio è quella di puntare sui linfociti (cellule che costituiscono la porzione effettrice del sistema immunitario adattativo in grado di generare e modificare gli anticorpi che in futuro riconosceranno gli antigeni, ndr). Perché è innovativa l’idea di stimolare l’immunità da linfociti anziché gli anticorpi?



In genere i vaccini stimolano sia l’attività cellulare che quella umorale. Per i vaccini anti-Covid abbiamo avuto risposte con la produzione di anticorpi legati alla risposta immunitaria umorale, ma c’è anche una risposta di tipo cellulare.

Cosa significa esattamente?

La risposta di tipo cellulare può essere più difficile da valutare, ma il fatto che ci siano state delle pubblicazioni che hanno indicato come con i vaccini attuali ci sia una risposta anche di tipo cellulo-mediato (una risposta da parte del sistema immunitario che prevede l’attivazione dei macrofagi, delle cellule natural killer, dei linfociti T e la produzione di anticorpi specifici a qualcosa di tossico per le cellule, ndr) è probabilmente ciò che potrebbe assicurare, come succede con altri tipi di vaccini, ad esempio quello anti-tetano, la durata nel tempo della memoria immunitaria.



Cioè non ci sarebbe bisogno di ulteriori vaccinazioni?

Esatto. Consentirebbe, come si fa con molti vaccini, di non doverla ripetere ogni anno.

Per questo si parla di “super vaccino”?

La stampa si rivolge a un pubblico eterogeneo, cercando di catturare l’attenzione. Si sta parlando di un super vaccino nel senso che potrebbe rimediare alle difficoltà nella produzione di anticorpi, che sono presenti peraltro in tutte le vaccinazioni. È sicuramente un vaccino più difficile da costruire. Per riuscire ad avere una risposta solo di tipo cellulare, bisognerebbe ovviamente saperne di più su questo nuovo studio.

Al momento si sa che si basa sui linfociti.

Sull’attivazione dei linfociti si basano anche gli attuali vaccini anti-Covid. Bisognerebbe capire se questo ha una risposta. Ci sono alcuni vaccini, come quello contro l’epatite C, che stimolano prevalentemente la risposta di tipo cellulare, però una simulazione del tipo c’è in tutti i tipi di vaccini. Come dicevamo prima, è quello che potrebbe consentire al soggetto che viene vaccinato di avere una memoria immunologica che lo protegge nel tempo.

Potrebbero esserci controindicazioni?

Non siamo ancora nemmeno nella fase 1, siamo nella fase preclinica, quella che si basa sugli animali. Si vedrà la tollerabilità sui topi. Una volta superata questa fase, ci sarà una fase 1 con qualche decina di volontari, poi la fase 2 dove si cercherà di trovare il dosaggio più preciso e capire se si può mettere o meno un placebo. Io credo si farà la fase 3 con il nuovo vaccino verso i vecchi vaccini.

Questa tecnologia può rendere il vaccino più efficace anche contro le varianti?

Il problema delle varianti è legato al fatto che i vaccini sono stati preparati quando ancora c’era una sola variante, quella originaria, che si sarebbe potuta chiamare variante italiana, visto che il virus è stato identificato qui da noi. I vaccini attuali sono stati fatti sulla primissima mutazione. Si parla già per il futuro di una terza dose, che dovrebbe essere comprensiva delle varianti nel frattempo già verificatesi. 

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