Superbonus 110%, in circolo ci sono ancora 15 miliardi di crediti che potrebbero innalzare il debito pubblico. Sull’altro piatto della bilancia, però, pesa lo spettro del fallimento per almeno 25.000 aziende. Dalla sua istituzione, il Superbonus 100% si è distinto per la cedibilità dei crediti di imposta, permettendo ai contribuenti la possibilità di accedere all’agevolazione anche per importi superiori ai propri debiti fiscali. Ma, come analizza il quotidiano La Verità, le modifiche apportate dai governi di Mario Draghi e di Giorgia Meloni hanno aggravato la situazione del Superbonus.



Mentre prima i contribuenti potevano ottenere immediatamente l’agevolazione attraverso il meccanismo della cessione dei crediti, per esempio in caso di necessità di liquidità, nel 2021 l’ex premier Mario Draghi ha di fatto bloccato il meccanismo delle cessioni dei crediti. Come conseguenza, migliaia di imprese già impegnate nei lavori per il Superbonus 110% avevano già applicato lo sconto in fattura ma non avevano più la possibilità di rivolgersi alle banche. Ora, tramite la Legge di Bilancio e il decreto aiuti quater, l’attuale esecutivo di Giorgia Meloni ha concesso un massimo di cinque cessioni complessive, di cui tre verso istituti bancari, e la possibilità di compensazione in dieci anni. Ma potrebbe non bastare.



Superbonus 110%, l’analisi di Eurostat e la scelta del Governo

Superbonus 110%, secondo Eurostat la circolazione dei crediti tramite plurime cessioni, potrebbe obbligare lo Stato a contabilizzare da subito come spesa pubblica l’intero importo dei lavori autorizzati ed eseguiti. I dati parlano, nel 2022, di 51 miliardi di detrazioni già maturate a cui si aggiungono altri 18 miliardi di detrazioni previste a fine lavori. Per Eurostat, se un credito è cedibile o può essere compensato con un qualsiasi debito fiscale, allora è molto probabile che lo Stato si faccia carico di tale costo. Mentre se il credito si può compensare solamente attraverso le tasse che il contribuente deve ogni anno, è possibile che non ci siano debiti fiscali da utilizzare in compensazione, e che quindi la “eccedenza” sia persa. A quel punto lo Stato può contabilizzare  i mancati incassi per quote annuali.



La scelta, come analizza La Verità, sembra quindi essere tra contabilizzare da subito come debito pubblico gli importi dei lavori già autorizzati ed eseguiti, per un valore di 69 miliardi di euro, oppure mettere a rischio circa 25.000 aziende del settore edilizio. Un aumento di spesa pubblica stimato nel 3% del Pil, a fronte del +3,9% di crescita del Pil che nel 2022 è stato apportato dal settore edilizio proprio grazie ai bonus edilizi, tra cui il Superbonus 110%.