Dipende dai punti di vista: si va da “è stato il motore che nel biennio 2021-22 ha reso l’Italia la locomotiva d’Europa”, a “la più grande catastrofe contabile della storia della Repubblica”. Il superbonus 110% è una medaglia double face, che però un rovescio ce l’ha, eccome: un costo di circa 80 miliardi in più rispetto alle previsioni, frutto di una contabilità sbagliata, di una frettolosa pianificazione, del fianco scoperto alle inevitabili truffe. “Un macigno sui conti”, come lo ha definito la Premier Giorgia Meloni.
Il superbonus 110% fu introdotto nel maggio 2020 dal Governo Conte II (Decreto Rilancio), votato da tutte le forze che lo sostenevano (M5s, Pd, Iv), ma insistentemente rivendicato in toto dallo stesso “avvocato del popolo”. L’incentivo andava a tonificare il comparto edile, depresso dall’immobilità generata dalla pandemia, e a spingere il patrimonio immobiliare italiano verso una rigenerazione energetica in grado di limitare i costi e le emissioni. Il Sb110 (ma già quel 110% suggeriva qualche dubbio: in pratica significava che lo Stato pagava tutto, anzi un 10% in più quale premio per chi iniziava i lavori) si basava su meccanismi d’agevolazione, detrazioni e rimborsi per interventi di natura edilizia, con una possibile ma rischiosa possibilità: la cessione del credito. Ne è uscita una misura economicamente distorsiva e inflazionistica, per di più con benefici modesti sulla riduzione delle emissioni di CO2. Nel giugno dello scorso anno il Sb110 è stato bocciato dalla Corte dei conti per gli effetti distorsivi sul libero mercato. Ma l’Ufficio parlamentare di bilancio aveva messo in guardia fin da subito sulle storture e sui costi esorbitanti dell’incentivo, in cambio di un modestissimo contributo alla crescita del Pil.
Superbonus interruptus. La misura è già costata 130 miliardi, una voragine nei conti di uno Stato che già di suo vive a debito, e che potrebbe procedere su quella strada solo allo scoperto. Il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti ha messo un punto: il Sb110 terminerà il 31 dicembre 2023, e non avrà proroghe. “La Finanziaria – sostiene Giorgetti – si basa su vincoli stringenti, il primo dei quali rappresentato dall’onere degli interessi sul debito pubblico, fortemente aggravato dall’aumento del fabbisogno di cassa riconducibile agli incentivi edilizi, in particolare il superbonus, che nel mese di ottobre ha mostrato ancora una crescita degli interventi (+4,2 miliardi rispetto al mese di settembre). Per questo motivo è stato necessario adeguare, per ulteriori 15 miliardi, la copertura del maggior fabbisogno generato nell’anno corrente dal ricorso a queste agevolazioni”. Resta poi il nodo banche. La norma prevedeva che istituti di credito, intermediari finanziari, società appartenenti a un gruppo bancario potessero utilizzare i crediti d’imposta legati agli interventi del Sb110 (crediti appetiti da chi ha capienza fiscale, mentre i redditi più bassi si rivolgevano agli sconti in fattura). Ma il decreto “Blocca cessioni” (febbraio scorso) ha poi riscritto le regole su sconto in fattura e cessione dei crediti per il 2023, di fatto stoppandoli, riaprendo (settembre scorso) poi nuovamente la possibilità di acquisto dei crediti da parte di alcune banche disponibili. Alla fine, le banche negli anni a venire sconteranno le tasse dai crediti acquistati, e lo Stato diminuirà conseguentemente le sue entrate.
Cantieri freezzati. Ci sono lavori in corso che rischiano di restare semilavorati. E i committenti che volessero concluderli pagando di tasca propria (come del resto era sempre accaduto in passato…) si troverebbero adesso a dover far fronte a costi assurdamente lievitati, proprio per l’effetto inflattivo generato dal Sb110, che ha cancellato qualsiasi contrattazione preventiva sui capitolati. Chi sta a discutere i prezzi se tanto li copre lo Stato? A fine ottobre risultavano ancora incompiuti lavori per 13 miliardi. Adesso il comparto edile chiede di affrontare il blocco della cessione dei crediti edilizi, che causano i rallentamenti dei lavori. A oggi la scadenza per portare in detrazione le spese che insistono sul Sb110 è fissata al 31 dicembre 2023.
Parenti serpenti. Forza Italia contro. Erica Mazzetti, responsabile lavori pubblici di FI, dice che “non bisogna dimenticarsi di coloro che hanno investito e si sono fidati delle leggi dello Stato, ovvero chi ha iniziato i lavori coperti da Superbonus. È fondamentale permettere di chiudere i cantieri già da tempo avviati e che non possono essere terminati entro quest’anno”. L’emendamento presentato da FI, quindi, prevede che per gli interventi effettuati dai condomini e dalle persone fisiche, anche quelli effettuati su singole unità immobiliari all’interno dello stesso condominio o dello stesso edificio, la detrazione continui a operare per le spese sostenute sino al 30 giugno 2024, nella percentuale spettante al 31 dicembre 2023, a condizione che, alla medesima data del 31 dicembre 2023, siano stati effettuati lavori per almeno il 60% dell’intervento complessivo. In via straordinaria, per il 2023, l’esercizio delle opzioni è ammesso con riferimento a stati di avanzamento lavori da emettere necessariamente entro il 31 dicembre 2023 e, relativamente a questi ultimi, è consentito anche laddove non si raggiunga la percentuale prevista per ciascuno stato di avanzamento lavori (Sal). Bisogna ricordare che le detrazioni del Sb110 maturano sulla base dei vari Sal che certificano quanto effettuato: i Sal non possono essere più di tre, e ciascuno non può essere inferiore al 30% dei lavori.
Adesso arriva anche l’emendamento presentato da Guido Liris (FdI), che prevede non una proroga ma una Sal (stato di avanzamento lavori) straordinaria al 31 dicembre, con la possibilità di arrivare “ai primi 10 giorni di gennaio 2024 con tutta la documentazione per salvaguardare l’agevolazione sui lavori fatti entro fine anno”. Per i lavori rimanenti nel 2024 la detrazione resterebbe al 70%, con il 110% bloccato al 2023: con il Sal straordinario si documenterebbe una percentuale di lavori non più al completamento totale, ma su quel 70-80-90% di avanzamento si applicherebbe il 110% e per la parte rimanente il 70% nel 2024. E c’è chi ipotizza anche altri sottili escamotages, nonostante il ministro Giorgetti sia già stato lapidario: “Il ministero dell’Economia esclude (e smentisce) qualsiasi ipotesi di proroga del superbonus circolata”. Difficile, a questo punto, che anche il Sal straordinario (il SuperSal?) possa entrare nella manovra. Ma c’è sempre il Milleproroghe, no? Si vedrà.
Tempus fugit. La legge di bilancio dev’essere approvata entro fine anno, pena l’esercizio provvisorio: l’arrivo al Senato dovrebbe avvenire tra il 18 e il 20 dicembre, poi l’invio alla Camera. Si dovrà procedere a tappe forzate. Ma si dovrà anche tener conto degli emendamenti presentati sul Sb110 da forze della stessa maggioranza, malgrado la premier avesse concordato una linea diversa, senza emendamenti ma solo con modifiche condivise e presentate poi dal Mef.
Concludendo, nella terra dei bonus, il superbonus è stata la parabola somma: l’idea di agevolare chi ha risorse limitate per finanziare una ristrutturazione ha portato al risultato opposto, con l’esclusione dai benefici di chi una casa non ce l’ha, ovviamente, ma anche di chi pur possedendola non è in grado da solo di affrontare l’enorme burocrazia inerente, una burocrazia che sembrerebbe studiata proprio per demotivare. Mentre chi ha più disponibilità può facilmente sostenere anche i costi di professionisti in grado di venire a capo della trafila. Purtroppo anche l’effetto moltiplicatore per le imprese edili è stato di ben poco conto, se si considera che con il Sb110 sono nate moltissime società ad hoc, spesso con muratori improvvisati. Un mercato drogato che, anche una volta disintossicato, si troverà cicatrici evidenti, materie prime più costose, personale disoccupato, cantieri abbandonati. Un trionfo.
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