Il Superbonus 110%, come noto, è stato rinnovato e prorogato fino al 2023 con il Ministro dell’Economia Daniele Franco che ha però già fatto capire che non potrà essere una misura replicabile all’infinito in quanto possiede tutta una serie di complesse “implicazioni” che ne renderanno la spesa per lo Stato insostenibile sul lungo periodo.



In un lungo focus sul “Corriere della Sera” il giornalista esperto di politiche economiche, Federico Fubini, traccia le diverse perplessità in merito all’utilizzo del Superbonus (la misura introdotta dal Governo Conte-2 che mira ad accelerare interventi edilizi che riducano le emissioni di carbonio e a rilanciare il settore delle costruzioni) considerando tutti i dubbi su effettiva sostenibilità ambientale e di spesa. Nel recente rapporto di Enea (l’agenzia per lo sviluppo sostenibile che vigila su incentivi per l’efficienza energetica degli edifici) si legge come di sicuro successo sia stata la misura per quanto riguarda la produzione di nuovi progetti e investimenti nell’edilizia: più in chiaroscuro però l’elemento economico. «Enea traccia un confronto con l’Ecobonus in vigore in Italia dal 2014 al 2020, che aveva un meccanismo simile al Superbonus e una differenza: la detrazione era solo al 65%; in altri termini il proprietario di un immobile aveva qualcosa da perdere se l’opera sua fosse stata eseguita in modo inefficiente e a costi gonfiati, perché per un terzo doveva pagare di tasca propria senza indennizzo pubblico», scrive Fubini.



I RISCHI DEL SUPERBONUS 110%

In poche parole, il privato con l’Econobonus aveva un interesse affinché denaro e opera fossero gestite bene, diversamente da quanto invece rischia di avvenire con il Superbonus 110%: di certo bisogna considerare l’intervento “straordinario” fatto per dare respiro e nuova linfa ad un settore traumatizzato dalla pandemia. Ma alla lunga la misura scelta dal Governo Conte-2 e confermata da Draghi fino al 2023 potranno avere effetti non più così positivi: «il vecchio Ecobonus sembra essere stato più efficiente nel ridurre le emissioni inquinanti. Con le misure attuali l’efficacia ambientale è di circa il 28% inferiore per ogni euro investito e infatti, pur spendendo più del doppio di prima, si arriva solo a modeste riduzioni supplementari delle emissioni» ribadisce il CorSera rifacendosi ai conti di Enea. Altro rischia è la potenziale “bolla speculativa” che rischia di crearsi: «alcuni stanno approfittando del fatto che si fa meno attenzione ai costi, perché tanto pagherà il governo tramite il debito pubblico». Fubini lancia l’allarme infine sul fronte Recovery Fund, dato che questo Superbonus viene finanziato per 13,9 miliardi dai fondi del PNRR: ecco che alla lunga la Commissione potrebbe contestare la misura qualora i costi unitari degli interventi lievitassero senza l’efficienza dell’impatto ambientale richiesto. Si teme in prima battuta un aumento dei costi nel 2022 ma soprattutto il rischio è di vederlo ridimensionato, se non proprio cancellato, dopo il 2023.

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