Nonostante il governo Meloni avesse deciso In un primo momento di riconfermare il superbonus ma ridurlo al 90%, adesso ho deciso di praticare una solenne marcia indietro. Del resto le critiche alla legge di bilancio approvata il 28 dicembre 2022 relative al fatto che potesse essere di poco respiro e che avrebbe rivelato tutte le sue fragilità entro il marzo 2023 si rincorrevano da tempo, ma Giorgia Meloni ha deciso di anticipare il problema relativo ai 110 miliardi di crediti incagliati e a cui non si riesce a porre rimedio ormai da troppo tempo.
Superbonus addio: la soluzione è la ghigliottina
La soluzione per il Governo è la ghigliottina. Niente più superbonus, niente cessione dei crediti per i comuni e nemmeno sconti in fattura. Il risultato ovviamente è quello che nessuno si aspettava, famiglie impoverite e 25.000 imprese a rischio chiusura.
Sul superbonus si può essere d’accordo oppure no, si può decidere che sia una misura sostenibile oppure che sia una misura economicamente suicida. Ma non si può evitare di notare che la decisione del Governo è giunta ormai troppo tardi, quando ormai le stesse aziende che avevano partecipato ai lavori di ristrutturazione che avevano bloccato i cantieri erano col cappio alla gola. I crediti incagliati avevano tolto il sonno già a moltissime famiglie e imprese. L’Associazione Nazionale Costruttori aveva lanciato l’allarme: “È da ottobre che aspettiamo di capire come si pensa di risolvere una situazione che è diventata drammatica. Non ci rendiamo conto delle conseguenze devastanti sul piano economico e sociale di una decisione del genere“.
La decisione del governo sull’addio al Superbonus giunge comunque per mettere in ordine i conti pubblici visto che il nodo dei crediti è arrivato a 110 miliardi. In particolare la stretta dovrebbe incidere sui nuovi interventi che non potranno più contare sulla cessione del credito oppure sullo sconto in fattura. Di acquistare crediti incasinati da parte degli enti pubblici. Una pratica a cui alcuni enti sembravano anche essere interessati pochi giorni fa, prima che il governo varasse l’ultimo decreto.
Superbonus addio: nessun credito acquistato dagli enti locali
L’associazione Nazionale costruttori edilizi aveva lanciato anche di crediti incagliati avrebbe causato il blocco di seimila cantieri, oltre alla perdita di 9000 occupati e 1700 imprese. Con la cancellazione totale dei crediti edilizi del Superbonus, le imprese che rischiano sono 25.000, mentre gli occupati che avranno necessità di un supporto e che incontreranno la quasi totale assenza di misure di welfare, anche queste eliminate dal governo, sono 130.000.
La presidente Brancaccio aveva dichiarato: “Se il governo blocca l’acquisto dei crediti da parte degli enti pubblici che si stanno facendo carico di risolvere un’emergenza sociale ed economica sottovalutata dalle amministrazioni centrali, senza aver individuato ancora una soluzione strutturale, migliaia di imprese rimarranno definitivamente senza liquidità e i cantieri si fermeranno del tutto con gravi conseguenze per la famiglia“.
In particolare lo stupore deriva dal fatto che il governo ha deciso di bloccare anche l’acquisto dei precedenti crediti da parte degli enti locali come le regioni, senza però avere una soluzione strutturale che eviti il tracollo. Quindi è da ottobre, che l’associazione cerca di avere una risposta dal governo senza ottenerla. Sono quattro mesi di totale silenzio.