Secondo le intenzioni del Governo, la nuova Legge di bilancio dovrebbe prevedere anche un’ulteriore revisione della normativa vigente sul Superbonus 110% per le ristrutturazioni abitative. Le ipotesi circolanti, non ancora dettagliate, fanno intravedere una riduzione del concorso a carico dello Stato sugli oneri della ristrutturazione pari al 90% per gli interventi condominiali e per le prime case unifamiliari con l’introduzione di una soglia di reddito Isee, ancora da definire, per l’accesso agli incentivi. Novità che comportano il ripristino del conflitto di interesse tra il committente dei lavori, chiamato a concorrere a una parte dei costi, e gli esecutori delle opere e i fornitori di prestazioni, come già avviene per le ristrutturazioni edilizie che non rientrano nei requisiti di consolidamento sismico e di risparmio energetico previste per il Superbonus. Una modalità funzionale a contenere i costi delle ristrutturazioni e gli oneri a carico dell’erario.
L’impatto delle novità non è destinato a generare effetti di risparmio per gli oneri derivanti da circa 280 mila cantieri, che riguardano oltre un milione di unità abitative, già avviati entro le scadenze temporali previste dalle normative, e che comporteranno una spesa pubblica a carico dello Stato intorno ai 57 miliardi (43 già consolidati alla fine del mese di agosto) rispetto ai 33 miliardi originariamente previsti.
Questo risultato viene rivendicato dai fautori, in particolare dagli esponenti del M5S, che attribuiscono al Superbonus il merito di una ripresa economica che si è rivelata al di sopra delle aspettative. Un risultato che viene confortato da un’analisi dei benefici effettuata da Nomisma su mandato dell’ Ance (Associazione nazionale dei costruttori edili) secondo la quale i 38,7 miliardi di euro già spesi nei primi due anni di vigenza del Superbonus avrebbero generato, considerando l’indotto e le prestazioni dei professionisti, un valore aggiunto di tre volte superiore rispetto alla cifra impegnata dallo Stato.
Questi numeri vengono ridimensionati dalla Fondazione Edison, che sulla base delle statistiche prodotte dall’Istat stima il contributo positivo degli investimenti nelle costruzioni intorno all’1,5% del Pil.
La Corte dei Conti conforta le critiche avanzate dall’ex presidente del Consiglio Draghi e dal suo ministro dell’Economia Franco tese a rimarcare come il provvedimento originale abbia di fatto favorito il sorgere di una bolla speculativa che ha gonfiato i prezzi delle prestazioni, e gli oneri a carico dello Stato, ridimensionando in parallelo i vantaggi potenziali per i committenti. Vantaggi che sono stati ulteriormente ridotti dai costi dell’intermediazione bancaria per la cessione dei crediti d’imposta, e dagli oneri imposti dalla normativa per le certificazioni rilasciate dai professionisti per la congruità delle opere eseguite.
I 6 miliardi di truffe accertate dalla Guardia di finanza sono solo la parte emersa dell’iceberg rappresentata dal comune interesse dei committenti, dei fornitori e degli intermediari finanziari di massimizzare gli oneri da mettere a carico allo Stato.
I provvedimenti correttivi annunciati vanno nella direzione giusta, anche se risulta incomprensibile la limitazione degli accessi tramite l’introduzione delle soglie di reddito Isee, per gli incentivi che vogliono perseguire obiettivi di interesse generale con il concorso finanziario dei cittadini interessati. Ma l’opera del legislatore dovrebbe proseguire per offrire certezze alle politiche di incentivazione delle ristrutturazioni nel comparto dell’edilizia residenziale in un’ottica di medio lungo periodo. Tenendo in debito conto che le poche certezze esistenti sono state minate dalla complessa interpretazione delle normative, dal continuo rifacimento delle stesse e dagli ondivaghi comportamenti delle amministrazioni pubbliche preposte.
Per via delle tendenze demografiche già consolidate, il patrimonio abitativo risulta abbondante rispetto alla popolazione, ma qualitativamente inadeguato rispetto ai fabbisogni qualitativi delle persone anziane, del lavoro a distanza, carente di servizi collettivi accessibili, con ampi margini di risparmio energetico aggiuntivo. Verso questi obiettivi dovrebbe essere canalizzato l’utilizzo dei risparmi delle famiglie tramite incentivi di scopo ben definiti, anche per micro interventi certificati dai fornitori di materiali e prestazioni, resi accessibili da procedure semplificate e facilmente tracciabili.
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