Non si vede nel Pil, solo nel deficit. Si tratta del Superbonus, definito «un morto vivente che affossa i conti» dal Foglio, alla luce dell’analisi svolta dall’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università cattolica, dal titolo “Post mortem per il Superbonus: extra deficit, extra debito e rallentamento in atto nel settore delle costruzioni“. Gli autori, infatti, si interrogano sui motivi dell’esplosione del disavanzo a fine 2023, come certificato dall’Istat, e concludono che quasi tutto l’extra deficit è dovuto all’incentivo edilizio. «L’ipotesi più plausibile per spiegare l’extra deficit – spiegano gli economisti Rossana Arcano, Alessio Capacci e Giampaolo Galli – è che vi sia stata una corsa per usufruire delle ultime deroghe rispetto al decreto di febbraio 2023, con certificazioni dubbie sull’entità dei lavori e sul loro stato di avanzamento. In sostanza, si sarebbe trattato dell’ultima coda di frodi, o comunque di abusi di un meccanismo che elimina il normale contrasto di interesse fra chi compra e chi vende, ed è quindi un vero e proprio invito alla frode». Pertanto, potrebbero essere frodi o un maxi aggiramento della norma. In effetti, quando l’Istat a marzo ha pubblicato la revisione dei conti pubblica, qualcosa non tornava a molti.
Il deficit del 2023 è stato rivisto al rialzo del 5,3% previsto nella Nadef al 7,2% e la crescita reale del Pil dallo 0,8 allo 0,9%. Quindi, quasi due punti di più di spesa aggiuntiva per il Superbonus hanno prodotto solo 0,1 punti di Pil di crescita economica. L’Osservatorio Cpi ha esaminato le singole voci, evidenziando le stranezze. La prima anomalia riguarda il grande errore di previsione del Mef: non c’è nessuna discrepanza sulle entrate. La differenza riguarda le spese, in particolare i “contributi agli investimenti pagati alle famiglie“. Questa voce, infatti, è passata da 3,3 miliardi nel 2020 a 78,4 miliardi nel 2023. La spesa dei trasferimenti in conto capitale, scesa nel primo trimestre 2023 e rimasta costante nei due successivi, è esplosa nell’ultimo trimestre. Quindi, qualcosa di anomalo è successo negli ultimi mesi dell’anno. L’ipotesi è che il governo, in virtù dell’andamento della spesa, si fosse convinto di essere riuscito a tamponare la spesa, poi però una falla nel decreto ha permesso di aggirare la norma, in modo più o meno legale.
IL FLOP DEL SUPERBONUS E GLI EFFETTI SULL’ECONOMIA
L’altra anomalia, che peraltro corrobora l’ipotesi di cui sopra, è che dopo l’esplosione dei crediti di imposta, nell’ultimo trimestre 2023 succede poco nell’economia reale. In altre parole, esplode il deficit, non cambia nulla a livello di Pil. I dati Istat evidenziano che l’occupazione nel settore edilizio resta stazionaria, con una variazione di soli 7mila occupati tra terzo e quarto trimestre, mentre dal punto di vista degli investimenti nelle abitazioni si registra un lieve aumento di 1,26 miliardi. «Con tutta evidenza, si tratta di numeri che non possono spiegare un extra deficit di quasi 40 miliardi. L’ordine di grandezza è completamente diverso», segnala l’Osservatorio Cpi. Pertanto, il Superbonus si fa sentire sul deficit, che continua a crescere, ma è morto a livello economico, visto che non c’è un aumento della spesa nell’edilizia, a livello di occupazione e di investimenti.
Il Superbonus per il Foglio è, quindi, «un errore di previsione enorme e senza precedenti nella storia repubblicana» su cui non arrivano spiegazioni dal governo. L’analisi dell’Osservatorio Cpi – secondo cui «un’ormai ampia letteratura, cui ha contribuito anche il nostro Osservatorio, ha evidenziato che il costo del Superbonus 110% è sproporzionato rispetto ai benefici che può apportare all’economia e alla transizione energetica» – invita a valutare gli effetti sull’economia non solo negli anni della spesa edilizia, ma nell’intero ciclo di vita della misura, per capire cosa succede dopo la sua eliminazione. In teoria, dovrebbe esserci «un effetto recessivo che in linea di massima ha le stesse dimensioni e segno contrario rispetto allo stimolo iniziale». Questo vuol dire che il Superbonus finirà per tirare giù il Pil.