Con la liquefazione dei sei club inglesi annunciata ieri sera, il progetto Superlega in sole 48 ore si è praticamente sciolto. Sotto i colpi delle istituzioni calcistiche (“Voglio essere estremamente chiaro: come Fifa condanniamo fortemente la creazione di una Superlega, un qualcosa di chiuso, una fuga dalle istituzioni calcistiche.
Chi vuole andare ne pagherà le conseguenze” ha detto il presidente della Fifa, Gianni Infantino; “Non abbiamo ancora una soluzione ma cercheremo di applicare tutte le sanzioni che potremo. Ovviamente il prima possibile dovremo sospendere tutti dalle nostre competizioni” aveva dichiarato il giorno prima il presidente dell’Uefa, Aleksander), dell’opposizione della politica, dell’ostracismo di allenatori e giocatori, delle proteste dei tifosi? Probabilmente, per tutto ciò e per il fatto che i 12 club hanno forse fatto il passo più lungo della gamba, affrettando tempi e modi.
L’annuncio della Superlega, costituita da 12 club di Inghilterra, Spagna e Italia, aveva messo a soqquadro il mondo del calcio, che ha risposto, in modo compatto e con toni durissimi alla nascita del progetto.
E pensare che solo ieri, come aveva ventilato il segretario generare Anas Laghrari – la Superlega era pronta a partire anche tra cinque mesi. “Siamo pronti a sederci e parlare con la Uefa. Le loro minacce di esclusioni non sono comunque legali”. Non solo: un tribunale di Madrid ieri ha diffidato Uefa e Fifa da qualsiasi provvedimento sanzionatorio contro il lancio della Super League.
Ma concretamente, dal punto di vista giuridico, quali norme sportive avrebbero violato i club “ribelli”? Che cosa avrebbero rischiato davvero dal punto di vista sportivo?
Sarebbe stato possibile arrivare all’esclusione dalle competizioni nazionali e internazionali? E addirittura, sarebbe stato possibile vietare ai calciatori di quei club di essere convocati dalle rispettive Nazionali? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Felice Raimondo, autore di tre libri sul diritto sportivo, di cui due incentrati sulle recenti vicissitudini del Milan (“Il Diavolo è nei dettagli”) e uno interamente dedicato al Fair play finanziario.
I 12 club che hanno creato la Superlega quali norme del diritto sportivo internazionale avrebbero violato?
A mio parere non hanno violato alcuna normativa, in quanto il diritto comunitario riconosce e garantisce la libertà di associazione, di impresa e di stabilimento. L’ordinamento sportivo non può andare in contrasto con questi basilari princìpi che sorreggono non solo la Ue, ma le principali democrazie occidentali.
A quali sanzioni avrebbero potuto andare incontro questi club? La Uefa ha minacciato addirittura di chiedere 60 miliardi di danni…
Una richiesta di risarcimento danni deve poggiare su basi giuridiche valide, in tal caso l’Uefa si lamenterebbe del fatto che il valore commerciale della sua Champion’s League sarebbe crollato a seguito della creazione della Superlega. Ma la domanda è: l’oscillazione del mercato può essere un valido motivo per chiedere in rivalsa ai 12 club tutti quei soldi che le emittenti tv non sarebbero più disposte a pagare?
La sua risposta?
No, è un’accusa molto debole, che non passerebbe il vaglio di un tribunale che riconosce le principali libertà di cui parlavo in apertura.
L’Uefa avrebbe potuto arrivare a proporre anche l’esclusione dalle coppe europee, a partire da quelle in corso?
Come detto, l’Uefa e la Fifa minacciano esclusioni dalle loro competizioni, ma queste sanzioni dovranno passare il vaglio di un tribunale – il Tas di Losanna – che dovrà stabilire se la creazione di una competizione alternativa vìola i princìpi sportivi e giustifica una sanzione così grave come l’esclusione dalle competizioni organizzate da Fifa e Uefa. Ripeto: quelle sanzioni non sarebbero legittime in quanto, a norma di regolamenti e statuti, una competizione che non viene riconosciuta dagli enti sportivi internazionali, semplicemente non è soggetta alle regole di quegli enti. Questo vuol dire che la Superlega agirebbe al di fuori del perimetro regolamentare internazionale.
Inter, Juventus e Milan avrebbero potuto essere estromesse subito dalla Serie A? Chi decide? La Figc, la Lega calcio o l’Uefa?
Le tre big italiane – in linea puramente teorica – avrebbero potuto essere estromesse mediante la revoca dell’affiliazione alla Figc. L’affiliazione non è nient’altro che un atto di riconoscimento ai fini sportivi da parte della Federazione di appartenenza, nel nostro caso la Figc, che consente all’associazione di esercitare l’attività sportiva tra quelle riconosciute dal Coni. L’affiliazione ha efficacia limitata a un anno, quindi va sempre rinnovata. Le Noif (Norme organizzative interne della Figc) prevedono che il consiglio direttivo di Lega possa proporre la revoca dell’affiliazione in presenza di gravi infrazioni dell’ordinamento sportivo e dei suoi princìpi fondamentali. Non mi sembra questo il caso.
Ma fosse accaduta una simile eventualità?
Le 3 big avrebbero potuto fare ricorso innanzi alla Giunta nazionale del Coni, che si pronuncia entro 60 giorni dal ricevimento del ricorso. Ciò posto, quanto varrebbe un campionato italiano senza Milan, Inter e Juventus?
I calciatori dei 12 club avrebbero potuto non essere convocati dalle rispettive nazionali? Non si configura questa scelta come una violazione alle libertà personali?
Esattamente, per gli stessi motivi già citati in apertura, una possibile estromissione dei giocatori sarebbe illegittima, in quanto violativa di diritti fondamentali e paradossalmente ancora più grave, perché andrebbe a colpire soggetti passivi che non hanno voce in capitolo nella disputa a cui stiamo assistendo. Il monopolio professionistico del calcio non appartiene alla Fifa e all’Uefa, che sono soltanto degli enti che organizzano e gestiscono le competizioni cosiddette ufficiali. Che poi sostanzialmente quel monopolio esista da sempre è un altro discorso, ma nessun giocatore è obbligato a giocare soltanto competizioni organizzate e gestite dalla Fifa. Peraltro, poi, il Tribunale investito della questione dovrebbe spiegare per quale motivo le Olimpiadi possono ospitare atleti che giocano in competizioni chiuse (Nba), mentre i Mondiali non possono ospitare atleti che giocano in competizioni semichiuse (Superleague). Sarebbe un’evidente e ingiustificata disparità di trattamento.
Anche sui diritti tv sarebbe potuta accendersi una battaglia legale, con le emittenti che hanno già pagato i diritti per la Champions fino al 2024 che potrebbero chiedere i danni? A chi? Ai club della Superlega o all’Uefa?
L’Uefa avrebbe potuto subire una causa miliardaria per l’esclusione di quei club dalle sue competizioni. Questo perché le emittenti tv avrebbero comprato un prodotto che l’Uefa avrebbe poi modificato e depauperato unilateralmente e su basi giuridiche piuttosto discutibili. Le 12 squadre, invece, non avrebbero corso rischi qualora avessero partecipato regolarmente alle competizioni Uefa, come infatti avevano annunciato in una lettera inviata ad Associated Press. Per gli stessi motivi anche Dazn avrebbe potuto chiedere di ridiscutere il contratto ai club di Serie A, nell’eventualità in cui le 3 big fossero tate estromesse. Quindi ci sarebbero stati meno soldi anche per i piccoli club che oggi si lamentano. Addirittura meno di quelli che pensavano di avere a causa della nascita della Superlega. Milan, Juve e Inter sono le imprese trainanti del nostro calcio e nessuno può farne a meno.
(Marco Biscella)
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