È certamente segno di tempi turbiniosi – ma non banali – che la Corte di Giustizia Ue abbia dato ragione al Mercato e alle Imprese (del calcio) quando ovunque gli Stati o le loro organizzazioni sovranazionali stanno riprendendo in mano molte leve dell’economia. E – visto dall’Italia – dà sicuramente da pensare che la SuperLega sia stata ufficialmente promossa da Andrea Agnelli, discendente di quinta generazione della più importante dinastia del capitalismo europeo. Nelle stesse ore la premier italiana Giorgia Meloni ha preso a incrociare le lame con l’Europa istituzionale, resistendo all’adesione al Mes. Che non è l’Uefa ma un po’ ci assomiglia, come stanza unica di compensazione e controllo di interessi pubblici e privati come quelli che ruotano attorno all’euro, ai titoli del debito pubblici e alle grandi banche europee. L’affaire SuperLega non è proprio estraneo al cantiere di rifondazione dell’Ue e alla ricerca di punte di lancia nei nuovi scenari di competitività globale.



Non sembra fuori luogo nemmeno dar credito a una fra le prime reazioni a caldo alla pronuncia che ha negato alla Champions League il monopolio dei tornei internazionali di calcio fra club. Si è detto infatti che la Corte di Lussemburgo è andata oggettivamente a favorire i proprietari mediorientali dei top club europei: i principali dei quali hanno base nel Golfo. Quel che è certo è che non è solo un’area del pianeta ricchissima di capitali e di risorse energetiche: è anche quella che ha ospitato in Qatar l’ultimo Mondiale. E su quell’indubbio successo organizzativo è maturata l’assegnazione all’Arabia Saudita della Coppa 2034.



Nel frattempo la nascente “SuperLega di Ryhad” ha subito aumentato esponenzialmente la pressione ai confini dell’Uefa, alla quale Israele partecipa già assieme a Paesi come Cipro e Azerbaijan. Ne resta fuori, per ora, il Marocco, un Paese mediterraneo classificatosi quarto alla Coppa 2022, e già prescelto dalla Fifa come una delle sedi del Mondiale itinerante del Centenario, nel 2030. Intanto la superstar marocchina Hakimi gioca nel Psg e quella egiziana Salah nel Liverpool (per non parlare della stella francese Mbappé, che ha radici familiari in Algeria e Camerun).

Se comunque il futuro della Champions come principale format calcistico globale (più ancora del sovranista SuperBowl americano), è l’apertura a nuovi top club a Rabat, Algeri o il Cairo è sicuramente più concepibile da parte del mercato che da parte di una federazione nata per fissare e tutelare le regole di uno sport (a proposito: ancora alla vigilia del Covid i bookmakers davano per probabile l’assegnazione della Coppa 2030 alla Cina: che però non ha dato gran prova nel mercato del calcio, anzitutto in Italia).



Se qualcuno nutrisse ancora dubbi sulla portata del verdetto – ben al di là del “giuoco” di una palla rotonda su un prato verde, ma anche del risiko fra pochi tycoon – val la pena di ricordare che solo sette giorni prima del lodo SuperLega la Corte aveva inopinatamente dato ragione ad Amazon, da cui la Commissione Ue pretendeva il pagamento di 250 milioni di tasse. Altro (verosimile) segno dei tempi a sei mesi dal rinnovo del parlamento e dei vertici Ue: certamente uno schiaffo alla tecnocrazia di Bruxelles, prima di tutte le “tecnocrazie” europee. Jeff Bezos – come Elon Musk, come il principe Saudita “Mbs”, che ha più miliardi in portafoglio che sudditi – è ormai un personaggio non meno potente del presidente degli Stati Uniti.

È naturalmente una constatazione, non un giudizio. Ma il calcio che oggi sgomita in dimensione globale è stato inventato quarant’anni fa da un visionario imprenditore italiano di nome Silvio Berlusconi; non dall’Uefa.

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