L’ABORTO, IL DIRITTO E IL TURBAMENTO: PARLA SUSANNA TAMARO
Con coraggio, umanità e spirito libero che l’ha sempre contraddistinta nel suo lavoro di scrittrice, Susanna Tamaro nel giro di un mese sul “Corriere della Sera” prende “posizione” su due temi controversi e divisivi come l’aborto e l’identità di genere. Dopo aver infatti raccontato lo scorso febbraio la sua personale storia da giovane devastata dalle turbe per una forte disforia di genere (appellandosi contro l’ideologia gender e chiedendo il tempo a tutti di riscoprire la propria reale identità sessuale), nel lungo editoriale scritto sul “CorSera” del 13 marzo prende posizione dopo l’inserimento in Francia dell’aborto come “diritto in Costituzione”.
Susanna Tamaro descrive l’aborto come una sorta di “maelstrom” nel cuore dell’Europa degli anni Venti di questo nuovo millennio: lo fa però non prendendo le “parti” di una delle sue “tifoserie” che spesso si contrappongono sull’interruzione volontaria di gravidanza: non condanna l’attivismo femminista e allo stesso tempo confessa di essere stata anche da giovane, quando non era credente cattolica, molto turbata come donna davanti al tema dell’aborto. Facendo una rapida storia della scienza e della cultura nello scoprire lungo i secoli l’origine misterioso della vita, la scrittrice triestina sottolinea quanto sia anti-scientifico e anti-logico definire l’embrione come un “mero grumo di cellule”, quasi fosse un banalissimo tumore.
Secondo Tamaro un vero salto lo si ebbe negli Anni Settanta quando si arrivò a definire l’essere vivente quasi come una “malattia”, ovvero un inciampo alla vita: «questa falsificazione che fa male al cuore perché alterare la verità delle cose, chiamandole nel modo sbagliato, spinge inesorabilmente a vagare per territori desolanti». Carla Lonzi, una storica femminista autrice del libro “Sputiamo su Hegel”, aveva già fatto notare a suo modo che quella che doveva essere una grande conquista delle donne come l’aborto in realtà «rischiava di trasformarsi in un ennesimo privilegio degli uomini». Per Tamaro le donne negli ultimi anni hanno avuto una coscienza «ampiamente manipolata da decenni di ossessivo lavoro dei media e da un contorno sociale che, in caso di gravidanza indesiderata, intona subito e senza alcun dubbio un’unica e monotona invocazione: Liberatene!». Ma in realtà liberarsi della vita è tutt’altro che una prova “semplice”, un “diritto” da acquisire senza più ragionarvisi su.
TAMARO: “SENZA STUPORE DELLA VITA, IL MONDO SAREBBE UN MATTATOIO. L’ABORTO È UNA GRANDE SCONFITTA”
E così Susanna Tamaro si concentra su cosa l’aborto è percepito ancora oggi: «Quando la vita inizia biologicamente il suo cammino si mette in moto una macchina di straordinaria complessità», simile ad un film hollywoodiano in cui centinaia di elementi concorrono assieme per la buona riuscita, «Una brusca interruzione come l’aborto suona dunque come un produttore che dopo due o tre mesi sul set arriva a gridare «stop, finito, niente più soldi, tutti a casa». L’immagine per Tamaro serve a rendere l’idea di un trauma che si genera nella donna: «la tecnica ci offre un potere immenso, ma il prezzo di questo potere è l’uccisione della meraviglia. E senza meraviglia, senza stupore, senza timore l’orizzonte del mondo si trasforma in un efficiente mattatoio». L’inserimento dell’aborto tra i diritti costituzionali come appena avvenuto in Francia non è dunque, come ha proclamato trionfalmente Emmanuel Macron, «una grande conquista delle donne» ma è piuttosto per Tamaro «una grande sconfitta dell’umanità».
La scrittrice racconta di aver avuto una giovinezza segnata dalla fragilità e dalla solitudine, ed è per questa ragione che sostiene di essere perfettamente consapevole come una ragazza, una donna, ad un certo punto, «si trovi davanti a questo angoscioso bivio, ed è giusto e civile che le sia data legalmente la possibilità di farlo». Ma al contempo, dice, sarebbe altrettanto giusto e civile che, in un momento così difficile e di fronte a una scelta senza ritorno, «trovasse, oltre l’efficienza medica, il conforto e il sostegno di persone capaci di sostenerla e aiutarla a mettere a fuoco davvero la sua volontà». L’essere umano in quanto tale è per definizione un “aborto mancato”, conclude Susanna Tamaro nella sua coraggiosa presa di coscienza del valore della vita espressa come dono: «Vivere, nonostante il nostro cammino sia pieno di inciampi, di nodi da sciogliere, è sempre meglio che non vivere perché, come dice la canzone di Fiorella Mannoia, “per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta”».