Susanna Tamaro, scrittrice, è da qualche giorno al centro di una bufera mediatica per un’intervista apparsa sul Corriere della Sera di Torino che riassumeva un dialogo in video con la giornalista Francesca Angeleri al Salone del Libro. Lì, la scrittrice diceva di non “leggere Verga a scuola”. Sempre al Corriere, spiega: “È ovvio che in un incontro a voce si parla con una naturalezza spontanea che raramente si usa nelle interviste scritte e che dunque tutti i livelli di sottotesto — come i paradossi e l’ironia — una volta riportati sulla carta scompaiono, soprattutto se accompagnati da un titolo che può invitare al linciaggio senza l’obbligo di sapere cosa veramente è stato detto a voce. «Basta con Verga. A scuola si dovrebbe leggere Va’ dove ti porta il cuore»: è questo appunto il titolo che ha scatenato valanghe di insulti, accuse e sberleffi nei miei confronti che, oltre a ferirmi per l’ennesima volta, mi hanno costretto a chiudere i canali social”.



Tamaro, sulle pagine del giornale, prosegue: “Il mio discorso era molto più ampio e articolato, ma si è voluto vedere solo un’intollerabile presunzione da parte mia che pretendevo di sostituirmi al Verga, considerandomi superiore a lui. Tra l’altro c’è anche un’imprecisione nel testo: non è Va’ dove ti porta il cuore il testo letto nelle scuole turche ma Papirofobia, un libro per bambini scritto proprio per far loro capire la libertà e la bellezza della lettura”.



Tamaro: “Il piano di studi di italiano va rivisto”

Al Corriere della Sera, Susanna Tamaro spiega di provare piacere nel vivere nella penombra, lontana dalle copertine e dai grandi giornali. Eppure “Avevo acconsentito di andare a Torino, su invito della casa editrice Battello a Vapore, per presentare il mio libro per bambini, Tutti abbiamo una stella, approfittando per fare anche qualche intervista sulla riedizione di Solferino di Un cuore pensante, diario di un’anima inquieta. L’intervista incriminata verteva sul problema della non lettura di libri da parte dei ragazzi e di come poterla incoraggiare. Io mi sono permessa di dire quello che pensavo, vale a dire che la capacità di leggere libri nella scuola italiana decresce con il passare degli anni. È lecito chiedersi perché o bisogna continuare a far finta di niente?”.



Allora, la scrittrice prosegue: “Il mio era un semplice invito a rivedere il piano di studi di italiano fermo agli anni Sessanta. Ai miei tempi, il Verga si studiava già alle medie, per poi approfondirne lo studio al liceo. Non metto minimamente in dubbio che il padre del verismo sia uno scrittore di prima grandezza, la mia perplessità riguarda il fatto che, se continua a venir imposto come lettura obbligata, rischia di provocare un rifiuto negli studenti. A cosa serve la letteratura, dunque? A conoscere la storia del nostro Paese, certo; a seguire l’evoluzione della lingua scritta, a memorizzare storicamente autori di diverse epoche storiche, di sicuro. Ma è davvero tutto? O non è piuttosto anche il grimaldello che fa saltare le nostre certezze, che ci apre al dubbio, alle domande e al desiderio di andare incontro a delle risposte? Non è forse l’antidoto alle più devastanti solitudini, ai tormenti dell’adolescenza, a quel sentirsi in trappola, come una mosca in un bicchiere, che spesso attanaglia i nostri giorni?”.