Strana storia quella del principio di sussidiarietà. Passa dalle stelle alle stalle, dalla massima attenzione al minimo interesse in tempi spesso brevissimi, favorendo l’idea che sia un buon argomento di conversazione in ambito accademico, ma nulla più.

Giuseppe Vecchio, professore ordinario di diritto privato nell’Università Kore di Enna e appassionato studioso dell’argomento, con il suo ultimo lavoro Le istituzioni della sussidiarietà. Oltre la distinzione tra pubblico e privato (Edizioni Scientifiche Italiane 2022) tenta con buoni risultati di superare questa dicotomia offrendo a tutti uno strumento di conoscenza dell’intera materia.



Il suo intendimento è espresso nel titolo: superare la distinzione tra pubblico e privato e contribuire in tal modo a sdoganare una certa concezione della sussidiarietà, secondo cui essa può andar bene nei rapporti tra privati, ma il pubblico, la pubblica amministrazione, la Stato, devono sottomettersi ad altre logiche e ad altri criteri.



L’autore lo fa affrontando tutti i temi e i nessi che la complessa questione riserva, aggiungendo anche approfondimenti di carattere storico, come proprio nel primo capitolo dedicato al rapporto tra pubblico e privato, aiutando così il lettore a individuare le radici storiche di una dialettica che altrimenti sarebbe poco comprensibile se giudicata solo con l’attualità. Vecchio definisce così l’obiettivo del suo lavoro: “La sussidiarietà è la caratteristica specifica dei processi di affermazione di una statualità, nuova ed antica allo stesso tempo, basata sul riconoscimento costituzionale delle autonomia locali e della tutela delle loro libertà nelle forme del diritto civile”.



Il suo percorso e la sua proposta di analisi partono così dall’affronto della “crisi del pubblico”, analizzando alcuni casi di rilievo nazionali, quali la privatizzazione delle Casse di risparmio o il simile intervento sulle Ipab, per passare ad affrontare un tema molto delicato e legato al mondo del lavoro come la vicenda dei patronati di espressione prevalentemente sindacale; analizza inoltre la situazione delle fondazioni liriche e di quelle universitarie, per giungere infine alle problematiche scaturite dalla nascita e dalla applicazione delle norme del Codice del terzo settore. Una approfondita e accurata analisi, quindi, di taglio giuridico accademico ma offerta, per la semplicità e linearità del linguaggio utilizzato, a un pubblico molto più vasto.

Il capitolo finale è riservato alle conclusioni del percorso. Riprendendo il filo del discorso avviato all’inizio dello studio e cioè come avviare una strategia di superamento delle tradizionali concezioni di pubblico e privato, Vecchio individua nei segni di espansione delle autonomie sociali, di riconoscimento istituzionale della complessità, di apertura del diritto a relazioni e problemi non più riconducibili al paradigma liberale di Stato e Mercato o al semplice processo politico-elettorale, aggravato per altro dal sempre più marginale ruolo dei partiti, una strada nuova da percorrere con la consapevolezza di dover giungere ad un ripensamento della centralità dello Stato, in cui la concezione cattolica della sussidiarietà potrà offrire un contributo determinante.

In conclusione, un contributo molto significativo che guarda alla produzione scientifica che la Fondazione per la Sussidiarietà propone ormai da tanti anni. Va segnalata, infine, la ricca bibliografia che accompagna il testo, in cui trova posto una illustrazione accurata delle fonti normative di rilievo regionale.

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