Il recente Rapporto della Fondazione per la Sussidiarietà su “Sussidiarietà e Sviluppo Sostenibile” apre una finestra di conoscenza fondamentale per cogliere i fenomeni in atto nella società italiana. Buona parte del dibattito oggi in corso, non cogliendo i grandi mutamenti avvenuti e in atto, ripropone schemi ideologici di lettura della realtà che non corrispondono ai dati di fatto e quindi non sono in grado di portare un contributo di approfondimento e di indirizzo.
Il Rapporto parte dall’analisi della crisi del modello di sviluppo basato sul capitalismo finanziario che ha creato crescenti diseguaglianze e problematiche relative alla sostenibilità nelle sue varie forme. In questo contesto il Rapporto osserva che nelle comunità locali i processi di sviluppo ripartono dall’attuazione di una sussidiarietà che vedono protagonisti sia il Terzo settore che il settore privato orientato alla sostenibilità e radicato nelle comunità locali, soggetti in cui il capitale sociale assume una primarietà. Tali processi ripartono quando si attivano processi di amministrazione condivisa in cui si vedono reciprocamente impegnati Amministrazioni locali, Terzo settore e Reti di imprese.
È un nuovo mondo che sta nascendo e che supera il modello imperante negli ultimo 50 anni, il consociativismo tra la politica e il vecchio sistema delle rappresentanze sociali che oggi è ancora culturalmente maggioritario in questi ambiti. È il classico esempio della permanenza di un sistema che è totalmente superato dalla realtà, ma che ancora resiste per la mancata consapevolezza di ciò che è avvenuto e sta avvenendo. Il consociativismo, che univa politica e vecchie rappresentanze in un sistema che doveva garantire un consenso sulle scelte politiche fatte, si basava su tre presupposti.
Il primo riguardava la riconosciuta centralità della politica nel sistema che invece non esiste più. Il tipo di globalizzazione imposta dal capitalismo finanziario ha eroso radicalmente il potere delle politiche nazionali e locali che spesso devono solo prendere atto di scelte operate al di fuori dei confini nazionali e per lo più operate da soggetti estranei alla politica stessa, ma che la condizionano pesantemente.
La seconda implicazione del consociativismo è quella di aver generato un sistema conservativo, poco aperto all’innovazione e tendente a premiare situazioni di rendita in quanto a ciascuno occorreva garantire comunque un “bonus” per premiare la partecipazione fedele al sistema. L’ultimo presupposto riguardava l’assioma che il consenso sociale e politico poteva essere gestito attraverso questo sistema, ma è sotto gli occhi di tutti che il consenso sociale e politico non matura in questi ambiti, ma in altri canali, al contrario la partecipazione al sistema consociativo ha effetti molto negativi sull’acquisizione del consenso per strati sempre più ampi dell’elettorato.
Da queste considerazioni emerge chiaramente che aver colto quello che si muove nella società porta necessariamente a rifondare il concetto di rappresentanza che supera il modello del passato. Come descrive molto bene il Rapporto, nelle comunità locali si stanno sempre più affermando nuovi soggetti che godono di un consenso in quanto radicati nelle relazioni locali e apprezzati per un’azione che crea valore sociale per tutti. Gli enti del Terzo settore e quindi associazioni, fondazioni, cooperative sociali, comitati, imprese radicate sul territorio, nonché vecchie rappresentanze che localmente hanno accettato la sfida del cambiamento, oggi raccolgono consensi che altri vecchi corpi intermedi non hanno e certamente oggi il tema della rappresentanza va ripensato alla luce di quanto si sta affermando nella società.
La politica più illuminata è quella che coglie le dinamiche in atto e che attraverso l’amministrazione condivisa valorizza l’apporto che questo mondo porta al bene comune.
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