Caro SussiDario,
nel contesto sociale superficiale e in crisi di valori in cui ci troviamo, mi auguro che l’Expo accresca la consapevolezza che, in primo luogo, lo sviluppo di un Paese si misura da un punto di vista culturale, delle idee e delle capacità; presenti nel tessuto sociale che è capace di promuovere e valorizzare. Se manca questo aspetto, si possono mettere in atto processi economici, normativi o politici, ma la sostanza non cambia mai: e ne abbiamo, direi, molti esempi di questo.
In secondo luogo, che bisogna partire da esperienze in atto: c’è un modo di concepire la persona, la società e il potere che genera opere capaci di rispondere ad esigenze reali, in una molteplicità di ambiti e settori. Un’esposizione universale penso debba preoccuparsi di questo, perché è opportuno iniziare a discernere tra valori e opere che generano benessere e sviluppo e concezioni della società ideologiche e incapaci di sprigionare le potenzialità presenti nelle persone.
Io mi occupo di organizzazione sanitaria: in questo settore la comunicazione di buone pratiche (best practice)e la loro comparazione è uno dei più formidabili strumenti di miglioramento e di sviluppo. Anche questa è cultura.
Spero davvero che l’Expo (la sua organizzazione, i suoi contenuti, la sua capacità di “mettere insieme” diverse realtà, ecc.) contribuisca a questa presa di coscienza, in cui ciascun individuo è chiamato responsabilmente in causa.
Questo si sarebbe un grande evento.
Michele Castelli



Passata la giusta euforia per questa vittoria, non così scontata, occorrerà cominciare a lavorare alacremente, iniziando proprio dai temi sollevati da Michele Castelli. Questo prima ancora di mettere mano a cazzuola e cemento.
Il tema proposto da Milano in sé aiuta a porre la persona al centro delle riflessioni programmatiche ; tuttavia, proprio argomenti come l’ambiente, l’energia, l’alimentazione possono prestare il destro a strumentalizzazioni ideologiche. L’ultimo numero di Atlantide del 2007, dedicato a questi temi, mostra chiaramente la possibilità di questo rischio. Peraltro, gli aspetti culturali sono stati molto presenti nella fase preparatoria della candidatura di Milano e c’è da augurarsi che questa attenzione prosegua anche nelle fasi di realizzazione.
L’Expo è una occasione unica di rilancio per la città, ma si può rilanciare ciò che già esiste e credo che Milano abbia bisogno di un forte recupero di identità e di un proprio ruolo positivo all’interno dell’Italia e più in generale dell’Europa. La storia della città consente questo recupero e rafforzamento, al di là di ogni nostalgia passatista, sloganistica ( tipo la “capitale morale”) o di contrapposizione con altre realtà italiane.
Questo processo richiede il coinvolgimento, almeno come tentativo, della totalità delle persone, con i loro bisogni e desideri, con le loro iniziative e intraprese.
È essenziale fare dell’Expo un fatto non solo milanese, al quale prenda parte tutto il paese, nell’impegno richiesto e nella ricaduta dei benefici: sarebbe questo un modo reale di avviare a soluzione le varie questioni “settentrionali” o “ meridionali” che ci affliggono.
Non è facile nel nostro paese essere ottimisti sulla possibilità di sforzi comuni per l’interesse di tutti, però questa sarebbe “the best of the best”, l’ottima tra le buone pratiche. Non rimane quindi che unirci alla speranza con cui Michele chiude la sua lettera.

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