La sentenza della Corte europea sul crocefisso nelle scuole ha suscitato molti commenti anche sul nostro quotidiano. Alcuni di questi, come altri in passato, hanno fatto riferimento ai problemi derivanti dalla sempre più forte presenza dei musulmani, che peraltro non hanno avuto un ruolo attivo in quest’ultima vicenda. O meglio, sono entrati nella discussione soprattutto in seguito alla rissa televisiva di Daniela Santanchè con l’imam Abu Shwaima. Mi interessa qui richiamare un’affermazione di quest’ultimo:”Sono qui per dire che Cristo per noi è uno dei cinque profeti maggiori e noi lo rispettiamo, come rispettiamo il crocifisso, pur ritenendolo un falso storico. Mai pensato che debba essere tolto dalle scuole. Mai chiesto una cosa del genere…”.



L’imam ha ragione, nel caso attuale la richiesta non è partita dai musulmani. Molti ricorderanno però un altro scontro televisivo di qualche anno fa, in cui il crocefisso fu definito “un cadaverino in miniatura” da un italiano convertito all’islam, Adel Smith, noto per aver chiesto la rimozione dei crocefissi da tutti i luoghi pubblici e per aver gettato un crocefisso dalla finestra dell’ospedale in cui era ricoverata la madre. Per la verità, le maggiori organizzazioni islamiche italiane presero subito le distanze dalle iniziative di Smith, ma rimangono tuttavia aperti diversi problemi.



Indubbiamente, la frase dell’imam può essere giudicata aperta e rispettosa da un non cristiano, ma per un cristiano è distruttiva dei fondamenti stessi della sua fede: Cristo, vero Dio e vero uomo, nato dalla Vergine Maria, morto in croce, risorto e asceso al cielo. Per l’imam, tutto ciò è solo un falso storico. D’altro canto, se non lo ritenesse tale, l’imam dovrebbe rivedere radicalmente la sua stessa posizione religiosa, perché le due concezioni di Gesù, quella cristiana e quella musulmana, sono incompatibili. Per noi cristiani, la negazione della doppia natura di Gesù, vero Dio e vero uomo, è dichiarazione eretica, e tali erano considerati i musulmani dai cristiani del Medioevo. Come gli atei che hanno appoggiato il ricorso a Strasburgo, anche i musulmani ritengono i cristiani seguaci di un Fatto mai avvenuto, creduloni superstiziosi e anche un po’ idolatri.



Se la dichiarazione dell’imam, distruttiva dei fondamenti della fede cristiana, è per lui ovvia, non è invece ovvio che tanti cattolici, compresi molti preti, ritengano positivo e base di dialogo il rispetto che indubbiamente il Corano riserva a Gesù e a sua madre Maria. Questo rispetto ha per presupposto l’annullamento della stessa ragion d’essere del cristianesimo: per dirla con San Paolo, se Cristo non fosse morto e risorto, la nostra fede sarebbe vana. E tale la considerano i musulmani, che trattano i cristiani da dhimmi, cittadini di serie B da proteggere ( facendosi pagare la protezione) fino a che, prima o poi , con le buone o le cattive, aderiranno alla vera fede. Dove con le buone o con le cattive segnala la differenza tra moderati ed estremisti.

Così stando le cose, il dialogo non può che limitarsi alle modalità concrete di un convivere civile all’interno della stessa società, e ciò richiede una reciprocità di comportamenti. Non vi è dubbio che dare del poligamo e del pedofilo al Profeta, anche se tecnicamente corretto, non è forse un buon punto di partenza, ma l’esito è stata una vivace discussione in televisione, seguita perfino dalle scuse della conduttrice ( cosa quasi mai successa per le offese rivolte alla Chiesa cattolica). Sarà bene ricordare cosa successe, invece, a seguito delle vignette danesi o la fine fatta dall’olandese Theo Van Gogh. E si può facilmente immaginare cosa succederebbe se qualcuno dicesse pubblicamente che il Corano dettato direttamente da Dio attraverso l’Arcangelo Gabriele è un falso storico inventato da Maometto.

Emerge quindi che lo scontro è soprattutto culturale e, così, riguarda anche i non credenti. Cristiani e musulmani potrebbero anche convivere, pur separati, e trovare nella comune religiosità perfino un terreno di intesa in molti campi. Anche in questa ipotesi rimarrebbe però il gravissimo problema della persecuzione cui è destinato chi si converte dall’islamismo, problema che sembra del tutto ignorato nel nostro Paese in spregio a ogni norma di legge, oltre che di convivenza civile. I musulmani che arrivano in Europa, tuttavia, sanno benissimo di venire tra nazioni forgiate dal cristianesimo e che, nonostante tutto, ne sono ancora impregnate e si sentono, dal loro punto di vista correttamente, in partibus infidelium. Infedeli contro cui combattono per convertirli dalla stessa nascita dell’islam. E rimangono sorpresi nel constatare che tanti europei hanno perso questa coscienza di sé e prendono questo per un’indicazione divina a trasformare i nostri Paesi in dar al- islam, territori sottoposti all’islam. Il problema è che per la giurisprudenza tradizionale islamica, i nostri Paesi fino a quel momento saranno dichiarati dar al-harb, ovvero la dimora della guerra.

Il tentativo di far sparire il crocefisso sembra aver per il momento ridestato la coscienza delle nostre origini cristiane, ma atei e laicisti che insistono per togliere ogni visibilità a queste nostre origini faranno bene a tener presente che ciò servirà solo a rafforzare la convinzione nei musulmani che siamo ormai pronti per entrare in dar al – islam.