«Già il 6 luglio dovetti aggiungere alle parole della lettera pastorale comune il seguente commento: “Da alcuni mesi noi apprendiamo che, per disposizione di Berlino, vengono portati via forzatamente dalle case di cura e dai manicomi persone già a lungo malate e che potrebbero sembrare incurabili. Regolarmente i congiunti dopo poco tempo vengono informati che la salma sarebbe stata cremata e che le ceneri dei loro defunti avrebbero potuto essere loro recapitate.



Generalmente si ha il sospetto, quasi la certezza, che questi numerosi casi di inattesi decessi di malati di mente non avvengano spontaneamente, ma che siano causati intenzionalmente, che si segua qui quella dottrina che afferma di poter distruggere le cosiddette ‘vite inutili’, quindi uccidere esseri innocenti, se si giudica che la loro vita non abbia più alcun valore per il popolo e per lo Stato. Dottrina orribile, la quale vuole giustificare l’assassinio di innocenti e permette per principio l’uccisione violenta di invalidi, inabili al lavoro, di mutilati, di malati inguaribili, di persone decrepite”.



So da fonte attendibile, che ora anche nelle case di cura e nei manicomi della provincia della Westfalia vengono compilati degli elenchi di tali malati, che cosiddetti “compatrioti improduttivi”, entro breve tempo devono essere portati via ed eliminati. Durante questa settimana è partito il primo trasporto dalla Casa di Cura di Marienthal presso Münster».

(Da: Il Leone di Münster e Hitler: Clemens August Cardinale von Galen. La sua attività episcopale nel periodo della dittatura Nazionalsocialista in Germania, a cura di R. Lettmann e H. Mussinghoff, Herder 1996.)

Clemens August von Galen, dal 1933 al 1946 vescovo di Münster, Westfalia, fu uno dei più strenui oppositori del regime nazista e la sua predica del 3 agosto fu giudicata dal Ministero della Propaganda «l’attacco frontale più forte sferrato contro il nazismo in tutti gli anni della sua esistenza». Per una serie di ragioni si tende a identificare le stragi naziste con la Shoa, ma purtroppo queste non si sono esaurite con l’immane tragedia che ha colpito il popolo ebraico, ma hanno coinvolto tutti quelli considerati di razza inferiore dai nazisti, come gli zingari (diverse centinaia di migliaia di morti) e slavi (qualche milione).



Il termine tedesco Untermenschen (letteralmente “subumani”) è stato usato dai nazisti anche per tutti quelli, pur “ariani”, che non rispondevano ai canoni estetici e funzionali della dottrina nazista, quindi disabili, malformati, malati di mente, ma anche omosessuali, pentecostali, testimoni di Geova, massoni, tutti compresi nei non sani di mente.

Ovvio che eliminare un “subumano” suona cosa diversa dall’uccidere un essere umano, così come cancellare una “vita inutile” non è come sopprimere una “vita utile o un compatriota produttivo”: quantomeno lo Stato e la nuova società in costruzione non ne viene danneggiata, anzi. Siamo nell’area della falsificazione linguistica di cui parla Adriano Dell’Asta nel suo recente articolo.

 

Questi tempi sono lungi dall’essere passati, se si pensa alle “pulizie etniche” che ancora scuotono il nostro mondo, ma soprattutto per la ripresa di una concezione eugenetica della vita e della società, dove si sente nuovamente risuonare il concetto di vita inutile, o quantomeno non degna di essere vissuta. Nel dibattito in corso negli Stati Uniti su Lauren Richardson, cui un tribunale vorrebbe togliere alimentazione e idratazione nonostante l’opposizione della famiglia, è cominciato ad apparire il termine “deumanizzato” per descrivere la condizione di un malato in stato vegetativo permanente. Se non siamo ancora al subumano, siamo molto vicini.

Un altro elemento nella discussione americana è quello dei costi. In un periodo di scarsità di risorse, alcuni si chiedono se non sia giusto dedicare queste risorse a chi ha possibilità, o certezza, di guarigione e non a chi sta vegetando. Altri, vorrebbero restringere la scelta alle sole risorse pubbliche, lasciando l’assistenza ai malati in stato vegetativo permanente a chi può pagarsela. Quello dei costi sanitari è senza dubbio un problema reale e che diventerà sempre più pesante, ma affrontandolo in questi termini, siamo molto distanti dai “compatrioti improduttivi” di cui alla predica di von Galen?