La vicenda della presentazione delle liste elettorali da parte del PDL sta assumendo toni da farsa, ma gli esiti, tutt’altro che divertenti, rischiano di essere dirompenti per il futuro politico del Paese. Infatti, qualunque sia la via d’uscita dall’attuale tragicommedia costituirà un vulnus a qualche principio della convivenza civile, perché ci si trova nella situazione o di violare la forma della legge (ma, a differenza degli usi e costumi, nella legge la forma è essenziale) o la sostanza stessa della democrazia. Le elezioni non sono partite di calcio ed è bene che non siano vinte a tavolino o per forfait dell’avversario.



La gravità della situazione risalta da tutti i commenti che stanno pervenendo al nostro quotidiano, la più parte di sostenitori, o comunque non nemici dichiarati, della coalizione di maggioranza. Un primo corno del problema è toccato nel commento di Francesco Giuseppe Pianori, e cioè il rispetto del formalismo delle regole a detrimento della sostanza della realtà, da cui la citazione della frase di Gesù: “Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”.



Non vi è dubbio che il nostro sia il Paese dei formalismi e dell’eccesso di regolamentazione formale dietro i quali si nascondono arbitrio e corruzione, tuttavia la società e lo Stato non possono sopravvivere senza regole, essenziali, chiare e valide per tutti. Si può anche decidere che i treni partano quando lo decide il conduttore, ma forse rispetta meglio l’interesse generale che seguano un orario prestabilito. E non ci si può lamentare che i treni siano sempre in ritardo e poi pretendere che ci aspettino quando in ritardo siamo noi.

Fuor di metafora, è quanto affermano Michele Donanno, quando dice che nel rispetto delle regole c’è il rispetto delle persone, e Carla D’Agostino Ungaretti, secondo la quale le regole devono essere osservate e chi sbaglia deve affrontare le conseguenze del proprio errore. Carla va oltre, dichiarando che non vuole essere considerata uguale ai personaggi per i quali è costretta a votare, “turandomi il naso alla Montanelli”.



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Si apre qui un altro aspetto di questa amara vicenda, molto pericoloso per il nostro futuro: la crescente delusione e disaffezione. Diversi lettori parlano di “Paese alla frutta”, indipendentemente da destra o sinistra e, tutto sommato, anche dalla attuale questione, che viene considerata per certi versi “un incidente di percorso”, ma segnale pericoloso del degrado di una vita politica ormai fuori controllo.

 

Così, per Sandra Fei è come se qui si giocasse soltanto una partita di potere e non di democrazia e di libertà per tutti ed è necessaria una sincera e forte presa di coscienza di tutti, dal più umile al più forte, per cambiare in meglio e rapidamente le cose. Gabriella Rosso, come molti altri, si dichiara sconcertata dal pressapochismo e dalla mancanza di professionalità dimostrata dal partito di maggioranza e afferma che ogni “cambiamento” dell’Italia sarà una pia illusione finché tutto rimarrà in mano ad arrivisti e parolai, spesso in mala fede, e non “ai capaci e competenti, umili e Cincinnati.”

 

Diffusa è poi la condanna dello strumentalismo e del “doppiopesismo” radicale, cui viene rinfacciato di aver accettato nel 1995 il decreto di proroga che li riammise alle elezioni, mentre ora si ergono a vestali del rispetto formale della legge. Attilio Sangiani nota come sia paradossale che, tra i due litiganti, finisca col godere la Bonino, una che si è sempre vantata di "violare le regole", a cominciare dalle cliniche clandestine per praticare aborti illegali.

 

È difficile essere in disaccordo con il pessimismo che traspare da questi e altri commenti, che va oltre al caso contingente, come già detto. Sarebbe forse bene che le classi dirigenti, non solo politiche, si rendessero conto di questo stato d’animo, se non per amore al bene comune, per un’intelligenza dei propri, pur particolari, interessi. Delusione e disaffezione del popolo danneggiano anche i loro interessi privati. Anche nel resto d’Europa questi due sentimenti stanno montando, verso i governi nazionali e verso l’Unione Europea. Noi, come al solito, ci aggiungiamo un po’ di teatro dei pupi.