“C’è del marcio in Danimarca” è la citazione di Marcellus nell’Amleto con cui fa riferimento non solo agli strani avvenimenti e alla presunta pazzia del principe, ma anche al precedente commento di Amleto che afferma che Danimarca e il mondo stesso sono “un giardino incolto, pieno tutto di malefiche piante” (atto I, scena II).



La citazione potrebbe essere applicata al sistema finanziario assunto come verità incontrovertibile ma marcio nelle sue radici, definite nel 1971 con la rivoluzione finanziaria che ha plasmato il modello occidentale quando Nixon dichiarò che la stampa del dollaro sarebbe stata sganciata dal controvalore reale dell’oro mettendo fine al sistema monetario basato sul “gold exchange standard”. È in tale contesto che nasce “il tempo del dollaro”: per dare un qualche valore a una moneta ormai “eterea” infatti, gli Usa inventano il petrodollaro e il sistema Swift che obbligano i Paesi occidentali ad usare il dollaro, rafforzandolo come moneta di riferimento.



La svolta per la definitiva affermazione avviene poi con la caduta del muro di Berlino, che eliminando il principale avversario politico ed economico lascia campo libero al dominio della finanza e del dollaro come moneta globale di riferimento. La finanza diventa allora una verità incontrovertibile e l’economia cambia il suo Dna da scienza sociale a scienza positiva.

Su quelle radici si è costruito un mondo della finanza staccato dall’economia reale che ha potuto muoversi al di fuori di ogni limite quantitativo reale, ma solo numerico ed infinito. L’illusione dell’infinita ricchezza è diventata verità incontrovertibile e la collusione tra finanza, politica ed accademia è diventata la prassi dell’operare per massimizzare i valori troppo spesso fasulli attribuiti alle attività economiche in quanto costruiti sul nulla delle aspettative e senza legami con il mondo reale.



Non ci sono stati limiti di sorta all’espansione di questa suicida manovra, che ora sta cominciando a portare i conti di un dissesto finanziario senza pari nella storia perché ha determinato il collasso del modello socioculturale occidentale costruito sui desideri e sul debito creato da una finanza senza controlli. Sono venuti meno i controllori troppo spesso allineati dalla cultura della finanza infinita da cui attingevano interessi finanziari; le società di rating, le società di certificazione dei bilanci, le big four, hanno avvallato tutto.

Poi il sistema troppo gonfiato ha cominciato a mostrare le prime bolle e nel 2008 il caso Lehman ha mostrato i limiti di un percorso cieco dettato solo dall’avidità senza scrupoli morali e regole idonee a contenere il disastro. La Fed, di fronte al crollo del sistema, anziché bollare il disastro criminale commesso ha preferito la strada del “troppo grande per fallire” ed ha salvato le prime cinque banche americane, dando l’illusione che di fronte ai danni della finanza ci si sarebbe potuti salvare ed aumentando di conseguenza il “moral hazard” a commettere atti illeciti e di fatto cancellando con il salvataggio tutta la normativa sull’antitrust e sul lobbismo finanziario.

Lehman non è servito ed oggi ci presentiamo al caso della Silicon Valley Bank che racchiude tutti i sintomi di un gigante malato e con i piedi di argilla. Da Lehman in poi la Fed e tutte le altre banche centrali hanno inondato il sistema di carta moneta fiat, cioè senza sottostante, dandola a tassi vicino allo zero esattamente come aveva fatto Greenspan, il santone della Fed, agli inizi del nuovo secolo, innescando il tonfo Lehman.

In questi anni però il sistema socioculturale del mondo occidentale si è indebolito e per realizzare il massimo profitto ha delocalizzato tutta la manifattura nell’Est, stordito da un’egemonia che si stava sgretolando, facendo così crescere e prosperare a nuova vita i Paesi a cui era stata affidata la manifattura occidentale.

La moneta stampata senza sottostante ha cominciato a rifare i danni, dando l’illusione di una ricchezza infinita, spingendo così le imprese ad assumersi rischi sempre più grandi ed a creare un debito pubblico e globale che ha continuato ad alimentarsi in un drammatico schema Ponzi. Abbiamo dimenticato la lezione di Hyman Minsky che aveva indicato come “Minsky moment” il momento in cui l’azzardo morale e finanziario finisce, per crollare sotto il debito alimentato dalle illusioni della crescita infinita.

Oggi il caso della SVB mostra tutte le carenze di un sistema fuori controllo, con le società di certificazione che hanno avvallato tutto, con Moody’s che attribuiva alla banca un rating illusorio e con banche come la Morgan-Chase che consigliava i clienti sull’acquisto di quelle azioni.

Oggi quella banca è il problema minore, perché è più grave il debito Usa, che ha raggiunto il 135% del Pil e cresce più rapidamente di quest’ultimo, con un deficit commerciale di oltre 50mila mld di dollari; questo modello di sviluppo a cui afferiscono 1 miliardo e 300 mln di persone fondato sulle aspettative e non sull’economia reale si scontra con il modello del resto del mondo a cui afferiscono 6,7 mld di persone.

La guerra in Ucraina rappresenta lo scontro finale in cui la povera Ucraina è stata condannata a fare la guerra per procura, come ha detto in televisione Victoria Nuland, ma il vero scontro è tra civiltà: quella occidentale, fatta sulla finanza, e l’altra costruita sull’economia reale, le materie prime e la mano d’opera in cui la finanza è solo strumentale alle imprese. La seconda sta progettando una moneta legata all’oro ed alla sostituzione del sistema Swftt avendo una posizione debitoria ben diversa. La Russia ha un debito sul Pil del 14% e nessun debito, così come la Cina e gli altri paesi Brics, a cui si stanno aggiungendo tanti altri come l’Iran, l’Arabia Saudita, il Kazakistan.

Oggi siamo di fronte a un conflitto fra modelli culturali opposti ed invece di continuare a fare una guerra per salvare l’indifendibile egemonia unipolare degli Usa, sarebbe bene che la politica scendesse dalle nuvole per ricongiungersi a quel mondo reale troppo lontano per essere da lei capito. È vero, “c’è del marcio in Danimarca” ma non solo.

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