La Svezia, dopo avere avviato quindici anni fa una massiccia digitalizzazione della scuola, sta adesso pensando ad un dietrofront: l’uso degli schermi in classe è stato messo in discussione dal Governo di centrodestra. La Ministra Lotta Edholm, come riportato da Le Monde, ha bocciato la strategia dell’Agenzia nazionale per l’Istruzione, che era intenzionata ad andare avanti sulla strada tracciata finora. L’obiettivo è quello di tornare ai libri cartacei.



“Gli schermi non possono sostituire i benefici che danno i manuali, nell’ultimo periodo marginalizzati”, ha affermato di recente. Per rimediare, ha annunciato dunque l’erogazione da parte del Governo per quest’anno di 685 milioni di corone (ovvero 60 milioni di euro) e di 500 milioni all’anno nei prossimi due, che serviranno ad accelerare il ritorno dei libri cartacei sui banchi. La volontà è quella di garantirne almeno uno ad alunno per materia. La sua teoria è sostenuta anche dalla comunità scientifica, che da tempo esprime i suoi dubbi in merito alla spinta della tecnologia nelle scuole.



Svezia fa dietrofront su uso di schermi a scuola: il parere dei medici

I medici si sono detti favorevoli al dietrofront della Svezia sull’uso degli schermi a scuola. Sebbene non ci siano statistiche sul tempo trascorso dagli alunni davanti a questi ultimi (le ore variano in base agli istituti e alle scelte degli insegnanti), il Ministero dell’Istruzione e la comunità scientifica sono convinti del fatto che il  declino delle capacità di lettura e comprensione dei giovani sia da attribuire proprio alla tecnologia.

“Il nostro Paese è andato troppo veloce, guidando l’introduzione del digitale in modo sconsiderato e senza affidarsi alla scienza. Avevamo l’ambizione di essere moderni. Abbiamo dato agli studenti un computer, senza pensare a cosa stavamo facendo e perché. La digitalizzazione è diventata un obiettivo in sé, senza alcuna visione d’insieme. Le conseguenze non sono sempre state positive”, ha commentato Torkel Klingberg, professore di neuroscienze cognitive. Anche l’Associazione dei Pediatri si è detta preoccupata. “Non è stato effettuato alcun test che dimostri che la tecnologia contribuisce ad un migliore apprendimento”, ha affermato. Il ritorno alle origini, dunque, è stato accolto con approvazione.