La Svezia è stata spesso e volentieri al centro del dibattito scientifico in questi mesi, per via del fatto che si tratta di una delle pochissimi nazioni al mondo che ha deciso di mantenere la vita invariata, nonostante l’epidemia di coronavirus, senza alcun vero lockdown. Il quotidiano La Stampa è tornato quest’oggi sulla questione, analizzando lo sviluppo della pandemia svedese e paragonandolo a quello italiano. La prima differenza che salta all’occhio sta nel fatto che la scorsa primavera gli svedesi non hanno registrato migliaia di casi e di vittime come da noi, mentre la seconda ondata, quella attualmente in corso, si è invece fatta più sentire. Il numero delle vittime è rimasto comunque molto contenuto (10 lo scorso novembre): come mai? Secondo l’Economist è probabile che tale basso livello di decessi sia dovuto principalmente all’ottima capacità di effettuare test e soprattutto un efficace contract tracing. Inoltre, in Svezia si è investito molto nel sistema sanitario, potenziandolo del 300%, con l’aumento delle terapie intensive e altre manovre che hanno evitato un collasso ospedaliero.



SVEZIA, POCHI MORTI SENZA LOCKDOWN: IL PIANO ANTI-PANDEMIA

La Svezia era già pronta all’arrivo di una pandemia, e nel 2005 aveva studiato un modello che permettesse appunto al paese di reagire in fretta e in maniera adeguata ad un’eventuale epidemia su larga scala. Il piano, introdotto per contrastare l’H5N1 ha poi subito diverse revisioni, come ad esempio quella del 2008 per preparasi all’influenza suina del 2009. Oltre al tracciamento, al rafforzamento del sistema sanitario, e al piano anti-pandemia, ha fatto la differenza anche l’innato senso di distanziamento degli stessi svedesi: «Qui – racconta a La Stampa Alessandro Modia Rore, pilota italiano di linea in Svezia – a 18 anni i ragazzi vanno via di casa, a differenza dell’Italia i nonni vivono per conto proprio e questa differenza sociale ha certamente influito sulla capacità di adottare uno dei principi che Tegnell ha sempre spinto, il distanziamento sociale. Sono stati chiusi – ha aggiunto – i concerti ed è stato vietato l’ingresso allo stadio dei tifosi, come nel resto del mondo, ma bar e ristoranti sono rimasti aperti. La Svezia ha investito molto nel sistema sanitario».



SVEZIA, POCHI MORTI SENZA LOCKDOWN: POCHISSIME MASCHERINE

E le mascherine? Rarissimo vederle indossare a Stoccolma: «La Svezia – ha spiegato Martina D’Orazio, laureata in medicina e chirurgia, specializzata in psichiatria, trasferitasi in Svezia 10 anni fa – ha portato avanti sin dall’inizio questo tipo di politica proprio perché ha preso il nuovo coronavirus per quello che è . Un virus che nell’80% dei casi è asintomatico, nel 15% dà una sintomatologia di tipo influenzale e solo nel 5% dei casi porta all’attenzione del medico». Quindi meno allarmismo e terrore, più razionalità e sangue freddo, una qualità quest’ultima più tipica dei paesi nordici senza dubbio. Altro aspetto che ha senza dubbio influito è stata la densità di popolazione: 11 milioni di persone vivono in Svezia, e soprattutto nel nord, in maniera molto diradata. E’ vero anche che nelle città la densità è più elevata, ma le vittime restano comunque inferiori rispetto alle grandi metropoli europee. «Il covid non lo si pò fermare – spiega ancora Modia Rore – ma solo contenere: chiudere le persone in casa o chiudere i parchi, ad esempio, significherebbe far aumentare il rischio di altre problematiche sanitari, dai casi cardiovascolari alla depressione, che potrebbero avere conseguenze serie in termini di vite umane fra qualche anno».

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