La sostenibilità ambientale? Una questione di «sano pragmatismo e buone prassi», mentre invece «ogni approccio ideologico fa male all’ambiente». A dirlo è Riccardo Pase, vicepresidente della Commissione ambiente del Consiglio regionale della Lombardia, che raccoglie anche l’appello di Papa Francesco a un cambio di paradigma lanciato nell’esortazione apostolica Laudate Deum. La commissione regionale dal 17 ottobre è impegnata in un tour sul territorio lombardo per incontrare e ascoltare le esperienze più innovative e avanzate in tema di sostenibilità e di economia circolare.
Da cosa è nata l’esigenza di compiere questa ricognizione sul territorio lombardo?
In realtà la Commissione ambiente – io l’ho presieduta per cinque anni – anche in passato ha sempre girato sul territorio. La sinergia che ha permesso alla Lombardia di crescere si fonda su questa capacità di ascolto del territorio, delle imprese, delle innovazioni che oggi le aziende hanno già in pancia e che la politica deve solo cogliere. Quando noi andiamo nelle aziende queste non ci chiedono soldi, ma meno burocrazia, la possibilità di avere risposte veloci e immediate. Per conoscere quali sono veramente le esigenze del territorio la cosa migliore è andare a toccare con mano la realtà. Per noi è una prassi consolidata e l’ho riproposta anche questa volta al Presidente della Commissione che ha subito accolto questa opportunità.
La prima tappa sarà alla Montello, azienda bergamasca leader nel recupero e riciclo di materiali plastici e organici, un esempio fra i più avanzati di economia circolare…
Direi che è una storia unica. La Lombardia oggi è protagonista a livello europeo nell’economia circolare. E questo non perché lo dice la politica. Sono le stesse imprese lombarde che per prime hanno capito che oggi i rifiuti, che per altri sono una criticità, possono diventare un’opportunità soprattutto da un punto di vista ambientale, non solo economico. Per questo invito sempre Regione Lombardia a partecipare tutte le iniziative in Italia e in Europa proprio per raccontare questa nostra peculiarità: la capacità di dire non che il rifiuto è brutto e che facciamo finta di non vederlo mettendolo in discarica, ma che è una materia prima seconda che deve essere scoperta. Noi siamo capaci di fare la selezione e il recupero, e quello che era un rifiuto diventa di nuovo materia da utilizzare nelle nostre produzioni con costi inferiori tanto sul piano ambientale che su quello economico.
Quella della Montello è peraltro la storia di un’azienda che si è trasformata completamente. La riconversione è quindi possibile?
Bisogna riconoscere all’azienda di aver saputo cogliere per tempo dove stava andando il mondo. Dalla siderurgia si è convertita al settore ambientale prima con un impianto di selezione della plastica. Molti non sanno che quando buttiamo un pezzo di plastica, che sia una bottiglietta anziché un altro oggetto di plastica, se lo mettiamo nei rifiuti indifferenziati costa al cittadino 130 euro a tonnellata per smaltirlo. Se invece finisce nella raccolta differenziata ci pagano fino a 300, 400, 500 euro a tonnellata. Quindi il nostro gesto è decisivo e sono soldi che per legge vengono messi nella Tari. Questi sono i vantaggi per il cittadino. Naturalmente dietro serve una filiera che sia in grado di fare selezione e alla Montello sotto questo profilo sono eccezionali, sia come tecnologia sia come investimenti che hanno fatto. Ci hanno creduto e oggi gestiscono da soli lo smaltimento del 25% di tutta la plastica italiana.
È un caso isolato o sul territorio lombardo esistono anche altre realtà emblematiche di questa nuova economia?
Guardi ce ne sono veramente tante, ci sono oltre 3.600 aziende eco-investitrici in Lombardia. La cosa bella è che investono. L’obiettivo è ridurre al minimo il cosiddetto rifiuto decadente che deriva dalle attività di trattamento dei rifiuti urbani. Per esempio, sempre la Montello ha un progetto per il recupero completo del rifiuto decadente attraverso un processo di pirolisi, trasformandolo così in olio pirolitico che è la materia prima per la formazione della plastica. Quindi il must è recuperare fino all’ultimo scarto. Insomma nulla si butta, un po’ come i nostri vecchi facevano col maiale. Sono aziende illuminate.
A che punto sono invece i progetti per la produzione di biometano dalla frazione umida dei rifiuti che proprio la Montello aveva avviato per prima in Lombardia?
Ha cambiato l’economia di scala nella gestione dell’umido in Lombardia e non solo. Oggi l’azienda è autorizzata per 700 mila tonnellate all’anno di Forsu (la frazione organica dei rifiuti solidi urbani) e copre la stragrande maggioranza del territorio lombardo. Ha introdotto una nuovissima tecnologia che, attraverso digestori anaerobici, consente di produrre un biogas da cui viene separata la CO2 trasformandolo in metano. Si ha così un’immissione di metano green al 100% in grandi volumi. E la CO2 che viene stoccata è di prima qualità ed è utilizzata in campo alimentare, ad esempio nella produzione di bibite gassate.
Declinare la sostenibilità ambientale con quella sociale. Com’è messa da questo punto di vista la Lombardia?
Quando si parla di sviluppo sostenibile sono sempre tre i pilastri da considerare. Devono esserci le condizioni per uno sviluppo di carattere ambientale, economico e sociale. Non esiste in Lombardia una riflessione e una progettualità che non contenga tutte queste tre dimensioni. L’aspetto sociale è fondamentale e mi riferisco al fatto che le tante aziende che operano in questo ambito generano lavoro e ricchezza per gli stessi lavoratori che vi operano. Ma non è l’unico dato, il costo dello smaltimento della Forsu che fa la Montello è la metà di quello di altre aziende. Questo significa che quando devo pagare per lo smaltimento del mio rifiuto, ho aziende che hanno abbassato il prezzo di mercato perché l’efficienza e le economie di scala che hanno fatto, hanno permesso una significativa riduzione dei costi. E questo incide su tutti. È una forma di concorrenza sana perché più facciamo un’azione ambientale sostenibile, più ci ritorna un’azione sociale ed economica a beneficio del territorio.
Oltre alla Montello avete già altre tappe in programma?
Andremo al Centro Natta nel Pavese. Il politico, l’amministratore non ha tutte le risposte in tasca e quindi, con umiltà, deve andare a vedere cosa succede sul territorio. Così si scoprono realtà e tecnologie innovative che vanno solo accompagnate. Mi ricordo quando ho fatto la battaglia per l’utilizzo del residuo secco come combustibile solido secondario (CSS) nei cementifici al posto del coke. Si tratta di plastiche che non possono essere recuperate, di carte. È un prodotto selezionato per avere un alto potere calorico che in un termovalorizzatore presenterebbe delle problematiche, mentre per un cementificio diventa un combustibile straordinario. Basti pensare che prima del CSS si utilizzava il pet coke, uno scarto di lavorazione che è un rifiuto speciale pericoloso. Ne importavamo dal Sudamerica circa due milioni di tonnellate all’anno. I cementifici lo pagavano oltre 300 euro a tonnellata, mentre oggi utilizzando il CSS incassano soldi perché vengono pagati dai 60 ai cento euro a tonnellata per smaltirlo. Una differenza non da poco. Questo vuol dire che la produzione del nostro cemento, grazie a questa norma, vede un risparmio di costi di almeno 150 euro a tonnellata. Si tende spesso a pensare che quando si parla di rifiuti ci sia sempre dietro del marcio. In realtà la stragrande maggioranza delle aziende del settore sono sane e costituiscono una grandissima risorsa. Non è che se c’è una mela marcia butto via tutto.
Questo nuovo modello ha portato a non aprire più nuove discariche in Lombardia…
Oggi in Lombardia va in discarica lo 0,02% dei rifiuti, mentre altrove, come sappiamo, ci finisce praticamente il 100%. Non solo, in tante altre realtà si utilizza il Tmb, il trattamento meccanico biologico, che non ha una grande efficacia dal punto di vista ambientale, però ha una peculiarità: cambia il codice Cer che trasforma un rifiuto urbano in un rifiuto speciale che può circolare liberamente per il paese perché non si è in grado di gestirlo in loco. In questo modo arriva in Lombardia dove, in alcuni casi, lo si utilizza per produrre energia attraverso i termovalorizzatori. In altri casi invece viene recuperato, quindi si tolgono ferro, plastica, carta, alluminio e diventa una risorsa importante.
Nei giorni scorsi attraverso l’esportazione apostolica «Laudate Deum» dal Papa è arrivata una forte sollecitazione a un cambio di modello di fronte a cambiamenti climatici sempre più accelerati. C’è una sintonia con quanto come Regione Lombardia state facendo sul fronte ambientale?
Assolutamente sì. Mi fa piacere che il Papa più volte sia intervenuto sugli aspetti ambientali. Oggi un nuovo paradigma in questo ambito è difficile da gestire perché l’ideologia purtroppo ha fatto un gran male all’ambiente. Io credo che la perfezione sia nemica del bene. Quindi quando uno vuole arrivare a un obiettivo irraggiungibile dice: io voglio il 100%. Ma il 100% non è mai raggiungibile, così alla fine non faccio niente. Invece la Lombardia ha adottato un altro approccio. Per esempio con la raccolta differenziata si è deciso di partire col 50% per poi salire gradualmente al 60, al 70 e all’80%. Questa capacità di essere non ideologici ma pragmatici si è rivelata vincente facendo crescere la coscienza ambientale. Perciò ben venga veramente che la Chiesa sottolinei di continuo questi valori. Allora no all’ideologia, sì al pragmatismo, questo è un grande aiuto per il bene del nostro pianeta.
(Piergiorgio Chiarini)
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