La Svizzera è stata condannata dalla Corte europea per violazione dei diritti climatici. È la prima volta nella storia. La sentenza, come ricostruito da Avvenire, è arrivata dopo il ricorso di un gruppo di cittadine ultrasettantenni che hanno denunciato l’inadempienza del Governo nella lotta green. I giudici, dopo avere esaminato le carte, hanno dato loro ragione. Lo Stato non è riuscito infatti a evitare i “gravi effetti negativi” dettati dal cambiamento climatico sulla vita quotidiana e in particolare “sulla salute e sul benessere” dei cittadini.



È così che il Governo dovrà versare un risarcimento di 80 mila euro alle promotrici della causa, per coprire le spese legali. La sentenza è vincolante e non appellabile. È una battaglia vinta dunque quella delle Donne anziane per la protezione del clima, questo il nome dell’associazione, che potrebbe presto estendersi a molti altri Paesi. La Svizzera infatti non è certamente l’unica non soltanto a non avere rispettato gli obiettivi climatici, ma anche ad avere ignorato il mancato raggiungimento di questi ultimi.



Violazione dei diritti climatici, ora l’Europa trema per le cause ambientali: coinvolta anche l’Italia

Tra i Paesi che tremano per la condanna alla Svizzera per la violazione dei diritti climatici c’è anche l’Italia, che è tra le inadempienti per quel che concerne gli obiettivi green. A lanciare l’allarme, attraverso un comunicato, è stato il WWF Italia. “La sentenza della Corte europea segna un punto fondamentale per la climate litigation (il contenzioso climatico). Adesso tutte le norme interne degli Stati devono rispettare i diritti e i principi garantiti dalla Cedu e la Corte costituzionale è tenuta a pronunciarsi sul rispetto dei predetti principi”, si spiega.



Gli ambientalisti sperano che questa sentenza storica possa essere una spinta per l’Europa a cambiare realmente marcia. “L’Italia – si legge ancora – deve al più presto conformare piani e misure alle ragioni della transizione ecologica, per esempio il Piano nazionale integrato energia clima attualmente in fase di revisione”. Anche Legambiente si è unita al coro. “È un passo importante che potrebbe avere un effetto a cascata per tutti i 46 Stati del Consiglio d’Europa”.