Prende sempre più corpo la possibilità che in Libia si formi un Governo unitario, che metta insieme le forze che ora controllano diverse aree del Paese. La conferma viene, indirettamente, dalla visita che il premier di Tripoli Dbeibah dovrebbe svolgere entro giugno a Roma.
Un summit che farebbe seguito a quello del suo attuale rivale, Haftar, che ha incontrato Giorgia Meloni il 4 maggio scorso. Un Governo unico, con rappresentanti di entrambe le parti, che potrebbe preparare le elezioni e che permetterebbe probabilmente all’Italia un maggiore controllo sui flussi migratori, oltre che una possibilità in più di realizzare affari, soprattutto dal punto di vista energetico.
“Il grande punto interrogativo – osserva Michela Mercuri, docente di cultura, storia e società dei Paesi musulmani nell’Università d Padova – è naturalmente se questo Governo reggerà”. Ma è già una svolta il fatto che si cerchi di formarlo. Un tentativo che sta indispettendo i francesi, a disagio per l’attivismo italiano nell’area dopo che i loro piani per il rilancio della Libia non sono andati a segno.
Dopo Haftar anche Dbeibah verrà a Roma. La prospettiva di un Governo di unità nazionale, nel quale entrambi abbiano un ruolo, diventa sempre più concreta? Quale può essere il punto di incontro tra i due?
Sicuramente si sta procedendo verso un Governo quanto più possibile unitario, vista anche la sospensione di Bashagha, presidente del Parlamento di Tobruk, che poteva costituire un ostacolo. Un Governo unitario rappresentato da Dbeibah da un lato e da Haftar dall’altro e che potrebbe essere la precondizione per elezioni nel Paese. Probabilmente Dbeibah, nominato premier dalla comunità internazionale, tale resterà e poi ci potrebbero essere due vicepremier indicati da Haftar e ministri indicati da entrambe le parti, ma anche dagli ex gheddafiani, che stanno godendo di una certa autorità all’interno del Paese. Dobbiamo contare anche sulle potenze esterne: da un lato l’Egitto, nell’Est, che sostiene Haftar e dall’altro la Turchia, che sostiene Dbeibah, stanno cercando di favorire il dialogo per supportare la possibile unione di queste due anime della Libia.
Cosa chiederà l’Italia a Dbeibah e cosa vorrà in cambio il primo ministro di Tripoli?
Credo che la richiesta fondamentale sarà sempre la stessa, quella di una maggiore collaborazione in relazione ai flussi migratori che continuano a provenire dall’Ovest libico, soprattutto rafforzando da parte di Dbeibah il controllo su quelle milizie che gestiscono parzialmente il traffico di migranti. Dall’altra parte Dbeibah chiederà più soldi, più aiuto, che potrebbe tradursi in maggiori finanziamenti alla Guardia costiera di Tripoli, per avere motovedette, nonché maggiori investimenti in settori commerciali, non soltanto energetici, ma anche in altri settori industriali.
Chi è Dbeibah, come è arrivato al potere e chi lo sostiene all’interno della Libia?
Inizialmente è stata una figura poco considerata. È stato nominato nel marzo 2021 come primo ministro di un Governo ad interim che sarebbe dovuto durare fino al 24 dicembre, data prevista per le elezioni stabilite dalla Francia attraverso una road map che poi si è rivelata inapplicabile in un contesto come quello libico, all’epoca completamente destrutturato tra i due centri di potere di Tripoli e Tobruk. Dbeibah si è dimostrato piuttosto resiliente ed è ancora primo ministro di un Governo di unità nazionale. Gode dell’appoggio delle milizie di Misurata, che sono tra le più potenti e importanti della Libia. Proviene da una famiglia di Misurata ma è anche vicino ad alcuni gruppi di ex gheddafiani. Ha superato indenne attentati da parte di alcune milizie dell’Ovest.
Chi sono, invece, gli attori esterni al Paese che lo sostengono?
Dall’esterno ha come partner la Turchia, che è anche un protettore di Dbeibah, con cui ha firmato diversi accordi commerciali, come quello delle zone economiche esclusive tra Libia e Turchia, ma anche tanti altri accordi che riguardano infrastrutture e telecomunicazioni. È in piedi grazie all’intervento della Turchia, che lo ha supportato nel 2019 durante la guerra contro Haftar, che lo aveva attaccato, e che si è aggiudicata importanti basi come il porto di Misurata.
Quanto è importante la Libia per l’Italia dal punto di vista economico e come partner energetico? Cosa può significare una ritrovata unità nazionale libica da questo punto di vista?
L’Italia è il primo partner commerciale della Libia come interscambio, perlomeno lo è stato nel 2022. È il terzo fornitore della Libia dopo la Turchia e sono cresciute anche le importazioni. L’Italia sta ritrovando una sua centralità commerciale nel Paese, che riguarda principalmente il settore energetico. L’Eni ha ripreso a lavorare nel Paese forse grazie anche alla visita del premier Meloni il 28 gennaio scorso, sia con il gasdotto di Mellitah, momentaneamente interrotto qualche giorno fa e poi ripartito, tornando su livelli di esportazione di gas piuttosto elevati.
Potrebbero aprirsi nuove prospettive anche per l’Eni?
L’Eni ha firmato con Dbeibah accordi per 8 miliardi relativi a due giacimenti offshore al largo delle coste di Tripoli e intese per le fonti rinnovabili. Tutto questo con un Governo unitario si potrebbe concretizzare ancora di più. Si potrebbero fare accordi anche con Haftar, che controlla altri giacimenti e altre zone in cui è possibile esplorare per ottenere ulteriori approvvigionamenti di gas e petrolio. Il Golfo della Sirte, da sempre nelle mire dei francesi, potrebbe diventare, grazie a un accordo, una possibile area di esplorazione per le imprese energetiche italiane, per l’Eni.
I migranti continuano ad arrivare dalla Libia. Quanto possono cambiare i flussi con uno Stato unito?
Sono 19mila gli sbarchi dalla Libia da gennaio di quest’anno e la cosa paradossale è che più di 10mila provengono non più dall’Ovest, ma dall’Est, roccaforte di Haftar, che è venuto recentemente in Italia per parlare anche di questo. Un Governo più o meno unitario, composto dalle varie anime dell’Est e dell’Ovest, potrebbe fornire all’Italia un interlocutore unico con cui discutere anche di flussi migratori, con una migliore gestione che potrebbe portare a una diminuzione dei flussi diretti verso l’Italia.
L’Italia sta avendo un ruolo importante nel tentativo di risolvere la crisi libica. Come si colloca a livello internazionale questo tentativo? Da chi è sostenuto?
È evidente che si sta creando una special relationship tra Italia e Libia, così come Roma sta cercando di risolvere la grave crisi tunisina dal punto di vista economico e da quello della sicurezza interna. L’Italia sta cercando di ricoprire un ruolo centrale nel Nord Africa e lo sta facendo da sola, senza nessun aiuto internazionale, né da parte della Ue, e in molti casi con l’ostracismo della Francia, che appare piuttosto indispettita da questo ritrovato attivismo, soprattutto in Libia, con Haftar, che è sempre stato un alleato della Francia.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.