Il suo obiettivo è eliminare del tutto le sigarette tradizionali. Ma non è l’Organizzazione mondiale della sanità o uno degli uffici che si occupano di salute pubblica. Si tratta, invece, della multinazionale del tabacco Philip Morris, quella, per capirci, che produce e vende in tutto il mondo da un centinaio d’anni le Marlboro. È come se dicessimo che la Barilla non vuole fare più la pasta o la Ferrero i dolci. Si potrebbe parlare di “rivoluzione”, se la parola non fosse abusata per eventi decisamente meno epocali. Qui si tratta di un doppio salto mortale senza rete di una organizzazione enorme (oltre 70 mila collaboratori e più di 250 mila agricoltori coinvolti) e storica (un paio di secoli di vita) che ribalta un business consolidato per seguire, senza nessuna incertezza, lo spirito del tempo, ovvero i prodotti senza combustione.



Per farlo Philip Morris ha messo in pista 400 scienziati di 40 nazionalità diverse, esperti di 30 diverse discipline e ha lanciato da alcuni anni Iqos, il sistema di riscaldamento del tabacco senza combustione e, nei giorni scorsi, la sigaretta elettronica Veev, un vaporizzatore di liquidi che contengono nicotina. Questi prodotti rappresentano già ora l’30% delle vendite globali della multinazionale, grazie a investimenti in ricerca e sviluppo per 8 miliardi di dollari negli ultimi 15 anni. Ma i traguardi sono decisamente più ambiziosi, mentre sorprende la velocità con cui si stanno raggiungendo: «Nel 2019 il fatturato dei prodotti senza combustione era di circa il 20%, lo scorso anno del 23%, una quota alla quale abbiamo già oggi aggiunto il 7%», ha spiegato il chief consumer officer di Philip Morris, Stefano Volpetti. «Stiamo facendo passi da gigante verso il target del 50% al 2025».



PHILIP MORRIS, GLI INVESTIMENTI IN ITALIA

E se in Giappone già oggi il 60% delle vendite riguarda prodotti smoke free, l’Italia è comunque in buona posizione, tra i primi cinque paesi al mondo con 1,5 milioni di fumatori adulti che hanno abbandonato le sigarette per prodotti senza combustione. L’accelerazione del cambiamento è sostenuta da 2,4 miliardi di dollari di investimento a livello globale nei prossimi anni, una gran parte dei quali destinati al nostro Paese che, secondo l’amministratore delegato e presidente di Philip Morris Italia Marco Hannappel, «sarà il centro propulsivo di questa sfida senza precedenti». La multinazionale acquista circa la metà del tabacco coltivato in Italia, con un accordo che garantisce gli agricoltori e una filiera integrata che coinvolge circa 30 mila persone e 8 mila imprese fornitrici, muovendo circa un miliardo di euro di prodotto interno lordo italiano all’anno.



A Bologna, per l’esattezza a Crespellino, sorge un centro di eccellenza a livello mondiale per la produzione su larga scala dei prodotti del tabacco senza combustione: dal 2016 ci lavorano 1200 persone e lo stabilimento esporta in 40 Paesi in tutto il mondo. Mentre a Taranto, alla fine del 2020, è stato inaugurato il Philip Morris Digital Information Service Center, che dà lavoro a oltre 350 persone. Altre 260 verranno impiegate nel nuovo centro servizi per la ricerca che sorgerà presso lo stabilimento bolognese e si occuperà dell’innovazione di processo, di ingegnerizzazione e di sostenibilità. E alla fine dello scorso anno è stato annunciato l’avvio dei lavori per la costruzione di un nuovo centro per l’alta formazione delle competenze legate a Industria 4.0.