La Russia, nell’ambito delle sanzioni decretate dall’Unione Europea a seguito dell’attacco ai danni dell’Ucraina, sta per essere esclusa dal sistema Swift. Un provvedimento che appare ormai una mera formalità, considerati gli ok giunti anche da Cipro e dall’Italia nel corso delle ultime ore. La scelta di colpire le banche del Paese sovietico, con ogni probabilità, rappresenta la soluzione ideale per fare pagare un prezzo elevato a chi ha fatto esplodere la guerra nel Vecchio Continente.



Tuttavia, come riporta nella sua analisi il “Corriere della Sera”, se gli Stati Uniti decidono di impedire l’accesso al mondo del dollaro a chi fa transazioni con le banche russe, l’effetto potrà essere “devastante. E già oggi la grande finanza internazionale sa che effettuare operazioni in dollari a nome di clienti russi sulla piazza di Londra (dove passa due quinti delle operazioni di cambio, 2.700 miliardi di dollari al giorno) è ad alto rischio. La finanza russa è ormai in un angolo: pericoloso toccarla”.



SISTEMA SWIFT: CHE COS’È?

Esattamente, cos’è lo Swift? A spiegarlo è ancora il CorSera, che evidenzia come si tratti di una cooperativa fondata nel 1973, il cui nome è l’acronimo di Society for worldwide interbank financial telecommunication. Swift ha sede in Belgio, dunque risponde al diritto comunitario. Prima del suo avvento gli ordini di pagamento e di trasferimento internazionale di denaro “viaggiavano attraverso telex. Swift ha introdotto un sistema di codici attraverso il quale singoli istituti impartiscono ordini di pagamento in sicurezza. Si tratta dunque della trasmissione di informazioni e garanzie, senza il trasferimento fisico di valuta”.



Tradotto: le transazioni non hanno luogo sul sistema, ma Swift assicura che i messaggi inerenti a un pagamento transitino sulla rete e giungano al creditore. Poi, ovviamente, il pagamento sarà saldato in maniera diretta fra le istituzioni interessate. Oggi, si legge nel servizio, “circa 11mila istituzioni finanziarie di oltre 200 Paesi diversi si servono di Swift per i loro scambi, per un totale di circa 24 milioni di messaggi in un anno”. Soltanto un Paese sin qui è stato escluso: si tratta dell’Iran, nel 2012.