Il caso della tabaccaia uccisa a Foggia lo scorso 28 agosto è arrivato a un punto di svolta con il fermo di un marocchino 43enne, reo confesso. L’uomo avrebbe ammesso le proprie responsabilità agli inquirenti e, secondo quanto riporta Agi, sarebbe stato destinatario di un decreto di espulsione. Un provvedimento che, stando alle indiscrezioni trapelate, non sarebbe stato concluso in quanto il soggetto, Redouane Moslli, risultava “irreperibile”.



L’indagato avrebbe confessato di aver colpito la donna a coltellate ma avrebbe negato l’intenzione di uccidere. La vittima, Francesca Marasco, aveva 72 anni e sarebbe stata assassinata all’interno del suo negozio. Una prima ricostruzione, riporta Ansa, rimanderebbe al tessuto di un tentativo di rapina finita nel sangue. Il 43enne sarebbe entrato nella rivendita della donna e avrebbe cercato di sottrarre del denaro dalla cassa. Davanti alla resistenza della titolare, avrebbe usato l’arma contro di lei e si sarebbe impossessato del suo telefonino per poi tentare di disfarsene durante la fuga che sarebbe terminata a Napoli, dove poi sarebbe stato intercettato e fermato dai carabinieri.



Tabaccaia uccisa a Foggia, le parole dell’avvocato del marocchino indagato per l’omicidio

Secondo quanto riferito dall’avvocato Nicola Totaro, legale dell’uomo, riporta ancora l’agenzia di stampa, Redouane Moslli si sarebbe trovato a Foggia dallo scorso 11 luglio perché impegnato come bracciante agricolo nel territorio di Torremaggiore. Non sarebbe stato nuovo in quella tabaccheria, poiché vi si sarebbe recato in altre occasioni. Lo stesso difensore avrebbe riferito che il 43enne avrebbe confessato di essere entrato nella rivendita proprio il 28 agosto “armato di coltello“, arma che avrebbe puntato alla gola della vittima ferendola una prima volta “perché si sarebbe mossa“. Francesca Marasco sarebbe stata colpita una seconda volta, al torace, nel tentativo di bloccare il rapinatore.



Nei giorni successivi, l’indagato sarebbe rimasto in città per poi decidere di allontanarsi, secondo il suo avvocato dopo essersi reso conto della gravità del fatto, e dirigersi a Napoli dove poi sarebbe stato rintracciato. “Sin dal momento del fermo a Napoli, Moslli Redouane si è messo a disposizione dell’autorità giudiziaria – ha spiegato il legale – avendo capito di aver sbagliato. Ha reso dichiarazioni durante l’interrogatorio, ha fornito tutti gli elementi al pubblico ministero entrando nei particolari, ha prestato il consenso agli accertamenti e al prelievo del proprio Dna“. Secondo il legale non ci sarebbe stata alcuna volontà di uccidere.