Si torna a parlare di tagli pensioni dopo che il Governo ha rivalutato sulla base dell’inflazione e per ben due anni (2022e 2023) gli assegni previdenziali degli italiani. Ora la questione è in mano alla Corte Costituzionale che dovrà decidere la legittimità.

Anche se la Corte Costituzionale dovesse ritenere illegittimo il taglio sulle rivalutazioni, ad oggi lo Stato non potrebbe restituire le somme sottratte ai pensionati per una incapienza fiscale (si susseguirebbe un esborso di 6 miliardi di euro). Tutto al più verrebbe si presume che verrebbe bloccata la procedura.



Tagli pensioni 2024: il confronto

I tagli pensioni del 2023 e del 2024 hanno subito una riduzione importante sugli assegni previdenziali. Ma chi sono i pensionati penalizzati da questa misura? E quanto hanno perso rispetto a quello che avrebbero ricevuto secondo la Legge numero 448 del 1998?

Il meccanismo delle rivalutazioni previdenziali funziona in modo semplice: si stima il trattamento minimo e si adegua una percentuale basata sull’inflazione attuale. Ad oggi secondo la normativa di Legge questa ripartizione è suddivisa in tre fasce:



  1. Per le pensioni al di sotto di 4 volte il trattamento minimo la rivalutazione complessiva è al 100%.
  2. Per le pensioni comprese tra 4 e 5 volte il trattamento minimo la rivalutazione complessiva è al 90%.
  3. Per le pensioni superiori a 5volte il trattamento minimo la rivalutazione complessiva è al 75%.

La stessa Premier Meloni ha ritenuto “eccessiva” questa ripartizione, tanto che in alcuni periodi storici ha modificato tale suddivisione estendendole in 6 fasce (e dunque con una rivalutazione previdenziale più bassa rispetto a quella originaria).

Esempio pratico

Ipotizziamo la presunta perdita di un pensionato italiano che percepisce fino a 2.500€ di assegno previdenziale. Come da legge ordinaria l’importo andrebbe scorporato in due: la parte che non eccede di 4 volte il trattamento minimo e sui cui effettuare la rivalutazione per intero, e l’importo restante con il calcolo al 90%.



Nel 2024 applicando il tasso di 5,4% i primi 2.101,53€ avrebbe ottenuto un aumento di 122,67€, mentre per i 228,24€ residui l’incremento sarebbe stato di 5,96€. In due anni l’assegno di 2.500€ sarebbe diventato 2.827,89€.

Mentre con i nuovi tagli pensioni l’assegno sarebbe salito a 2.795€ con una differenza rispetto al precedente di appena 32 euro.

In questo caso il taglio non avrebbe influito molto, ma la vera differenza si noterebbe sugli assegni con un importo più elevato, ad esempio su una pensione di 3.000€ che subirebbe una penalizzazione di 178,96€ mensili.