Niente meno che una nuova rivoluzione industriale è la prima impressione offerta dal pacchetto Fit for 55 presentato ieri dalla Commissione europea. Dopo un’intensa mattina di lavori, sono apparsi sedici documenti che raggruppano le azioni attraverso le quali la Commissione si impegna a ridurre del 55% le emissioni di CO2 al 2030 rispetto al 1990.



Si va dalla revisione delle accise su prodotti energetici allo spiegamento di una rete di stazioni di ricarica sulle strade principali d’Europa. Dall’istituzione di un fondo sociale per la transizione a una nuova direttiva sull’efficientamento energetico. 

Sono per ora solo delle proposte, ci vorranno mesi se non anni di negoziati tra gli Stati e di riesame da parte dell’europarlamento prima che diventino leggi; com’è giusto che sia considerato l’impatto sulle politiche nazionali e sullo stile di vita di ogni residente da Lisbona a Bucarest, da Turku a Catania. 



Gli sforzi nazionali da soli non condurranno all’obiettivo: la transizione energetica o è un cammino comune oppure rimangono solo sforzi sproporzionati e inconcludenti. La Commissione ha fatto i compiti, ma ora tocca a noi. Non lasciamo che questo sforzo si atrofizzi in un torrente di slogan e discorsi artificiali da autocelebrazione. La leva più importante per conquistare i cuori e le menti dei 447 milioni di cittadini europei sulla neutralità carbonica sarà frutto del talento della politica. Dimostrarci che porterà nuovi posti di lavoro, nuove prospettive nell’educazione, opportunità per nuovi imprenditori, competere meglio sui concorrenti stranieri e – soprattutto – instillare un senso di orgoglio che noi europei possiamo fare qualcosa di bello. 



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