Dopo l’incontro del 29 luglio, prosegue il confronto tra Governo e Parti sociali in vista della manovra di bilancio. Negli incontri precedenti, si è molto discusso di fisco. Il Governo dice di voler lavorare a una riforma complessiva del nostro sistema tributario al fine di semplificare e rendere più equa la tassazione. Si è così discusso sulle modalità per realizzare un sostanzioso taglio delle tasse per famiglie e imprese, per abbattere il cuneo fiscale in modo da aumentare il salario netto dei lavoratori, per rendere più efficace il contrasto all’evasione e per dare respiro alla competitività della nostra industria.



Non c’è che dire, se il Governo Conte riuscirà a realizzare un intervento come quello preannunciato, passerà alla storia come il Governo De Gasperi (VI) che nel 1951 intervenne in materia fiscalecon la cosiddetta riforma Vanoni – con misure ricordate ancora oggi per equilibrio dei conti ed equità sociale. Tuttavia, l’impressione è che si tratti invece di molte chiacchiere. Gli interventi annunciati sono alquanto costosi, resta pertanto da capire cosa e chi il Governo sceglierà di privilegiare. Difficile immaginare che si possa tagliare il cuneo fiscale – in modo da intervenire sui redditi da lavoro dipendente – e allo stesso tempo fare la flat tax, che va in altra direzione.



Le Parti sociali – che tra le cose non vogliono il salario minimo legale – si sono espresse a gran voce a favore del taglio del cuneo fiscale. Anche la stessa Confindustria sottolinea l’importanza della riduzione del cuneo tutto a vantaggio dei lavoratori.

La questione è molto semplice: o i salari crescono per effetto della leva fiscale o non crescono. La stagione contrattuale sta entrando nel vivo – i metalmeccanici hanno presentato la loro piattaforma unitaria – e gli industriali non vogliono tensioni, sapendo che dopo 25 anni di salari fermi al palo dell’inflazione qualcosa bisognerà pur fare. A tal proposito, è utile ricordare l’ultimo e consueto rapporto “Taxing wages” dell’Ocse, che ancora una volta nel nostro Paese ha registrato un aumento delle tasse sul lavoro: tra il 2017 e il 2018, infatti, il cuneo fiscale è aumentato di 0,2 punti percentuali, passando dal 47,7% al 47,9% (per un lavoratore medio single senza figli) e attestandosi di quasi 12 punti sopra la media Ocse, che è del 36,1% (36,2% nel 2017). Si tratta del terzo cuneo fiscale più alto tra i 34 paesi dell’area Ocse, dopo il Belgio (52,4%) e la Germania (49,5%), dove però i salari sono più alti del 30%. Tra il 2000 e il 2018, il cuneo fiscale in Italia è salito dello 0,8%, passando dal 47,1% al 47,9% per un lavoratore medio single senza figli, contro un decremento nei Paesi Ocse dell’1,3%, dal 37,4% al 36,1%.



Non deve pertanto stupire che sia il Presidente della più importante associazione di impresa a richiamare l’attenzione sui salari, il tema è anche al centro del “Patto della fabbrica” dell’anno scorso. Il problema è noto da tempo, tanto che il rapporto Censis 2018 ha evidenziato che tra il 2000 e il 2017 i salari in Italia sono aumentati dieci volte meno che in Francia e Germania, cosa ribadita anche dalla Fondazione Di Vittorio che ha stimato che le retribuzioni in Italia hanno perso mille euro di potere d’acquisto negli ultimi sette anni. Parallelamente, come si diceva prima, il cuneo fiscale è altissimo.

Il Presidente Boccia è tornato sul problema non solo perché le imprese in questo momento temono l’impatto della recessione e, naturalmente, non vogliono che si comprometta la pace sociale; inoltre, e conseguentemente, dato che l’andamento economico è ancora attorno allo zero, Confindustria ha bisogno di insistere sul principio della distribuzione della ricchezza quando e laddove prodotta: le imprese non vogliono farsi carico di aumenti retributivi indipendentemente dall’andamento dell’economia. Ma, in estrema sintesi, la situazione è questa: ricchezza prodotta zero e ricchezza distribuita zero. E allora? A parte il fatto che l’economia torna a girare se cresce la domanda interna, il che vuol dire se crescono i consumi. Ma per far crescere i consumi, non vi è altra via che crescere i salari. Ecco perché un intervento sul cuneo fiscale è più che mai voluto da tutti.

E la flat tax? Proprio domani, 6 agosto, Matteo Salvini ha nuovamente convocato le Parti al Viminale. Naturalmente, dopo il bizzarro incontro del 15 luglio, presente persino Armando Siri, questa volta vedremo come andrà la nuova convocazione. Il Segretario generale della Cgil, per esempio, ha fatto sapere che non sarà presente. Non è un mistero, tra l’altro, che le Parti non amino la flat tax. In questa prova di forza tra Lega e M5S, potrebbero finire per fare indirettamente un favore a Luigi Di Maio.

Twitter: @sabella_thinkin

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