In questi giorni gli italiani manifestano sempre più il desiderio di comprendere cosa accadrà e la classe politica messa sempre più in discussione sembra averlo compreso. Il clima favorevole ne è uscito rafforzato dopo l’annuncio della possibilità di avere un vaccino. Ora la priorità sembra sia diventata come organizzare la ripartenza che ci attende e che bisogna cavalcare. Il motto sembra essere: sono da introdurre misure per l’economia e non sussidi.



Il Presidente Conte rivolgendosi a Landini gli ha detto senza tentennamenti che anche l’impresa deve avere i suoi diritti e per questo ha proposto l’introduzione dello Statuto dell’impresa. In questo clima di collaborazione è intervenuto Salvini che ha proposto un taglio delle aliquote Iva che, secondo le stime a sua disposizione, porterebbe nelle tasche degli italiani 20 miliardi realizzando “una spinta ai consumi notevole,…. da nord a sud”. La proposta è valida, ma per il dopo lockdown allorquando potremo riprenderci la vita e spingere i consumi azzerati dalle misure di restrizione delle attività economiche. In questo contesto le dichiarazioni di Conte sono un ponte verso il mondo delle imprese e sono in linea con le dichiarazioni della Bce che si è affrettata ad assicurare che garantirà i prestiti all’economia sottolineando come la costruzione della ripartenza sia fondamentale. Non bisogna dimenticare, infatti, che la clausola di salvaguardia del Patto di stabilità resterà in vigore per tutto il 2021, ma non significa che da gennaio 2022 sarà interrotta.



Bisogna puntare, quindi, su interventi capaci di incidere sull’economia reale che non siano solo sussidi. Vi sono alcune chiavi su cui agire. Una di queste è il tema dei prestiti garantiti per i quali la proroga è a rischio. Il mondo bancario e imprenditoriale preme affinché le garanzie pubbliche siano prorogate oltre il 31 dicembre. Il dibattito è concentrato sul confronto tra ristori e garanzie. Si sta innescando una contraddittoria concorrenza tra misure a fondo perduto e misure per il sostegno della liquidità. Non bisogna dimenticare però che il fondo perduto presto o tardi si esaurisce, mentre è fondamentale che l’accesso al credito sia mantenuto aperto per scongiurare il credit crunch. D’altronde ci siamo già passati. Non va dimenticato, infatti, come anche l’intervento nel Mezzogiorno sia passato dal fondo perduto al prestito agevolato. La restituzione dei soldi pubblici è un elemento di moralizzazione del sistema e di incentivo a far bene favorendo la creazione di un meccanismo che possa perpetuarsi.

Pianificare la ripartenza è fondamentale. L’incremento della liquidità sui conti corrente è favorito dalle misure governative di sostegno al credito e consente alle aziende di accumulare risorse utili a fronteggiare le esigenze di liquidità che si manifesteranno nei prossimi mesi: pagamento degli stipendi ai dipendenti e dei fornitori.

Una seconda chiave passa per il rafforzamento dei presidi utili a far fronte alle perdite patrimoniali che inevitabilmente si registreranno in occasione della prossima tornata di approvazione dei bilanci. Le misure messe in campo sono la possibilità di rivalutare i beni e la facoltà di sospendere gli ammortamenti da imputare a conto economico pur mantenendo gli effetti fiscali degli stessi. Un tema che va ripreso e migliorato è il bonus ricapitalizzazioni. Così com’è strutturato non sembra si sia imparata la lezione che viene dai bonus biciclette e sanificazione. L’eccesso di domande rispetto alle risposte disponibili.

Questa premessa diventa particolarmente rilevante perché si avvicina il momento di attribuire il più importante dei crediti di imposta varati nel 2020, e cioè quello per soci e società che si ricapitalizzano. La norma istitutiva (Dl 34/20, articolo 26) non prevede nessun criterio per attribuire le risorse stanziate (2 miliardi); il decreto attuativo del 10 agosto ha invece precisato che le domande saranno prese in considerazione fino a esaurimento dei fondi in ordine cronologico di presentazione. Il che equivale a dire che si è scelta l’ipotesi del click day. Accadrà, quindi, che si completeranno molti aumenti di capitale entro il 31 dicembre, dopo di che si partirà – tutti alla pari – per la presentazione delle richieste. Il risultato è che ci saranno aumenti di capitale di milioni di euro che non daranno diritto a un centesimo di credito di imposta. Ci chiediamo se non sia possibile un ripensamento di questo strumento che ha il pregio di perseguire il rafforzamento patrimoniale delle imprese che serve per competere e superare la crisi.