Nonostante i “distinguo” che sono arrivati da alcuni partiti della maggioranza, l’idea di un taglio dell’Iva, seppur temporaneo, resta sul tavolo, visto che il Premier Conte non ha fatto una completa marcia indietro dopo l’annuncio a conclusione degli Stati generali dell’economia e che il ministro Gualtieri ieri ha parlato di “intervento possibile”. Il tema di una complessiva riforma fiscale è poi riemerso dopo che il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ne ha evidenziato la necessità. Per Nicola Rossi, Professore di Economia Politica all’Università di Roma Tor Vergata, una riduzione dell’Imposta sul valore aggiunto «è una cosa poco ragionevole, non servirebbe a molto».
Perché?
Forse non si riflette sul fatto che molti italiani pensano che a fine settembre dovranno pagare tutte insieme le imposte che sono state rinviate nelle settimane e nei mesi scorsi, e che entro la fine dell’anno con ogni probabilità finiranno le misure di sostegno al reddito, come Cig e indennità, che sono state messe in campo. Di fronte a una prospettiva del genere, qualunque persona sensata sarebbe portata a risparmiare. Mi sembra infondato pensare che abbassando l’Iva, peraltro di poco, perché le nostre risorse finanziarie non ci consentono ampi tagli, gli italiani consumeranno di più. Se il motivo di fondo della loro maggiore propensione al risparmio è, come penso, precauzionale, l’unica cosa seria da fare è restituirgli certezze, non dargli ulteriori misure di carattere temporaneo. Sa cosa mi colpisce molto in questa vicenda?
Che cosa?
Che il taglio temporaneo dell’Iva è stato immaginato e adottato in Germania e noi ci siamo immediatamente accodati senza chiederci se questa misura nel caso italiano avesse o meno un senso. Se devo essere sincero ho la sensazione che il Paese stia attraversando un momento veramente molto difficile e che ne uscirà tardi e male. E di fronte a questa prospettiva la politica è come impazzita, va alla ricerca di soluzioni semplici che non ci sono, perché il problema è complicato.
Quello che ha detto per il taglio dell’Iva vale anche per interventi che si stanno immaginando su Ires, Irap e Irpef?
No, anzi, una delle poche cose che potrebbe essere molto utile in questa situazione è una riforma fiscale seria, profonda e destinata a durare, non costruita sulla base del fatto che occorre ridurre o non ridurre le imposte, posto che tutti vorremmo ovviamente pagarne meno, ma con l’obiettivo di dare un quadro di certezze alle famiglie e alle imprese. Dovrebbe essere una riforma molto ampia, che comprenda l’imposizione diretta e indiretta, l’imposta personale e sulle società, ma per averla con queste caratteristiche bisognava cominciare a lavorarci mesi fa.
Oggi occorrerebbe anche una compattezza nella maggioranza che, anche sul tema fiscale, non sembra esserci.
In effetti non credo che ci sia una compattezza, ma a oltre a essa bisognava capire già dall’autunno scorso che quello della riforma fiscale sarebbe stato un obiettivo importante e che occorreva lavorare concretamente, al di là degli incontri, degli scambi di opinioni, per conseguirlo. Francamente dall’attuale maggioranza non ho sentito un’idea concreta, al di là degli slogan sulla progressività o simili. Mi sembra che alla fine tutto ruoti attorno a una revisione della struttura dell’Irpef tesa a garantire un po’ più di progressività rispetto a quella attuale. Ma se questo è l’obiettivo non serve a molto.
Quale deve essere l’obiettivo?
Semplificare il sistema tributario, il che significa eliminare alcune delle troppe imposte. Lo Stato incassa dovunque e comunque, questo non può più accadere. Alcune tasse vanno eliminate e sappiamo benissimo quali: la lista è lunga, ma in cima c’è l’Irap. Occorre una semplificazione del numero e della struttura delle imposte e questa può essere secondo me un’occasione straordinaria per fare pulizia delle cosiddette spese fiscali, perché in una situazione di emergenza credo si possa dire all’intero Paese che si metterà fine ai tanti piccoli trattamenti di favore di cui abbiamo riempito l’Italia negli ultimi 20 anni e che hanno condizionato e deteriorato l’intero sistema fiscale. Si potrebbe anche cominciare a pensare che le imposte vanno diversificate non solo sulla base del reddito, ma anche di altri indicatori.
Per esempio?
Personalmente ritengo che andrebbero diversificate in base all’età, in maniera da consentire di avere un fisco diverso per le generazioni più giovani. Penso anche che si dovrebbe andare verso un incremento della tassazione indiretta e una riduzione di quella diretta. Capisco benissimo che ci troviamo in un momento complicato, ma in prospettiva la strada dovrebbe essere questa.
Uno dei problemi da risolvere è quello dell’evasione fiscale. Cosa occorre fare su questo fronte? Incentivare i pagamenti cashless limitando l’uso del contante?
Credo che la strada maestra per il contrasto all’evasione fiscale sia l’utilizzo appropriato delle banche dati di cui si può già disporre. Non dobbiamo poi dimenticare che questo Paese sta vivendo la terza grande crisi in meno di 15 anni. Il che significa che le imprese e le famiglie si portano sulle spalle un carico fiscale pregresso in larghissima misura non dipendente dalla propria volontà o da propri errori. Questo problema prima o poi va affrontato. So benissimo che la parola condono fa rizzare i capelli in testa a tutti, ma credo che sia arrivato il momento di chiedersi se si voglia o meno liberare le famiglie e le imprese da pesi che si sono formati nel passato. Chiudere gli occhi di fronte a questa realtà significa condannarle a compiere uno sforzo triplo in una condizione molto difficile.
Prima ha ricordato la scadenza fiscale di fine settembre. Non crede sarebbe opportuno cercare di destinare parte delle risorse disponibili a ridurre l’entità di questo esborso?
Penso anzitutto che non ci siano risorse pubbliche disponibili. Quello che forse si può fare, nelle condizioni attuali, è un po’ di debito in più, visto che già ne abbiamo fatto tanto, tenendo conto che le priorità fondamentali in questo momento sono: restituire al Paese certezze, dando quindi poche regole chiare, sia dal punto di vista fiscale che su ogni altro fronte; liberare le famiglie e le imprese dai pesi pregressi, perché altrimenti le aziende non investiranno nemmeno un euro nei mesi a venire e gli italiani avranno un atteggiamento giustamente e naturalmente molto prudente.
Concretamente come possiamo liberare imprese e famiglie?
Le soluzioni sono tante. Per esempio, io ho proposto di rendere liquidi ed esigibili i crediti fiscali derivanti dalle perdite pregresse e attuali, che oggi non lo sono, a fronte di qualunque pendenza fiscale presente. In questo caso lo Stato non farebbe altro che accettare di onorare i propri impegni in anticipo rispetto a quanto farebbe. Questa è la soluzione più semplice che si può immaginare. Un’altra possibilità è garantire un significativo sconto fiscale, da poter utilizzare anche a fronte delle pendenze pregresse, alle imprese che decidano di ricapitalizzarsi. Si può anche pensare di fare una rottamazione-quater. Insomma, le possibilità sono diverse, ma il punto è quanto noi pensiamo che questo Paese possa risollevarsi a partire dagli sforzi dei singoli, perché pensare che si possa uscire dalla situazione attuale solo grazie allo Stato credo che sia una pia illusione. Se gli italiani non ci mettono del proprio, non rischiano, non vedono delle opportunità e non decidono di coglierle, non andremo da nessuna parte.
Dunque occorre aiutarli a poterlo fare…
Più che aiutarli, occorre dare loro certezze, cosa che mi sembra francamente il dovere di uno Stato civile, e liberarli da pesi che si trovano sulle spalle, che in larga misura sono indipendenti dalla loro volontà.
(Lorenzo Torrisi)