“Sfumati i dubbi sull’Italia: un anno fa lo scenario era diverso”: così ieri, all’Assemblea dell’Abi, si è espresso il ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Gli ha fatto eco lo stesso premier Giuseppe Conte: “Il fatto di aver evitato la procedura di infrazione ci sta aiutando, lo spread è al minimo rispetto al maggio 2018. Questo significa che abbiamo la fiducia dei mercati”. E ha poi aggiunto: “Ovviamente teniamo i conti in ordine. Ma il problema è che vogliamo tenerli in ordine non con misure regressive di meno rigore, ma vogliamo misure che consentano la crescita e l’occupazione”. Abbiamo davvero scampato il pericolo? Oppure sulla strada della prossima Legge di bilancio restano ancora incognite e ostacoli? Lo abbiamo chiesto a Roberto Perotti, professore di Economia politica all’Università Bocconi di Milano.



Lo scoglio della procedura d’infrazione è stato fortunatamente evitato. Ma a che prezzo, visto che lo stesso ministro Tria ha parlato di correzione strutturale molto forte?

La correzione strutturale “molto forte” è stata di 7 miliardi e mezzo, di cui 1,5 miliardi da risparmi da quota 100 e reddito di cittadinanza; 3 miliardi da entrate tributarie (prevalentemente esiti di contenziosi tributari con grandi aziende, quindi una tantum) e 3 miliardi da entrate non tributarie, anch’esse una tantum e un po’ raffazzonate, come dividendi straordinari da Cassa depositi e prestiti e utili di Bankitalia. Non è certo il primo governo a ricorrere a misure una tantum e un po’ raffazzonate, ma che si usino le espressioni “strutturale” e “molto forte” suona come una presa in giro.



Il governatore Ignazio Visco ha confermato che la crescita è ancora molto debole e incerta. Il monitoraggio sui conti, richiesto dalla Ue, potrebbe rallentarla ancora di più?

Non vedo come una richiesta della Ue su questioni contabili possa avere alcun effetto macroeconomico. Tutti sanno come è fatto il bilancio italiano, qualcuno crede veramente che una “richiesta della Ue” possa portare a scoperte epocali?

Dopo le nomine dei nuovi vertici Ue, cosa deve aspettarsi l’Italia: più o meno rigidità/flessibilità?

Difficilissimo da prevedere. Sarà in ogni caso un processo lunghissimo.



Intanto nel governo si torna a parlare di tasse. La Lega vorrebbe la flat tax, Tria e il M5s sono più favorevoli a ridurre le aliquote o ad accorpare gli scaglioni. Qual è la soluzione più praticabile?

La seconda, che però è anche esattamente quella che sta preparando la Lega, anche se per motivi propagandistici continua a chiamarla “flat tax”. La Lega sta preparando una proposta di riduzione delle aliquote sui redditi medi e medio-bassi, con un costo tra i 10 e i 15 miliardi. Si è resa conto che la flat tax proposta nel loro programma elettorale, con un costo di almeno 80 miliardi, era un’inutile e pericolosa assurdità. Quindi su questo punto i due partiti di governo sono d’accordo, anche se usano etichette diverse e inevitabilmente differiranno in alcuni dettagli.

All’orizzonte si profila la Legge di bilancio. Come ci arriviamo?

Litigando.

Il vero nodo del 2020 è rappresentato dalle clausole di salvaguardia. Verrà aumentata l’Iva? O avverrà solo in parte? E in tal caso, la pressione fiscale tornerà a crescere, nonostante le promesse di tassa piatta o rimodulazione di scaglioni e aliquote?

L’Iva non aumenterà mai, se questo governo sopravvive. Mai. Semplicemente, non può permettersi di abbassare le tasse da un lato e aumentarle dall’altro.

(Marco Biscella)