Roberto Gualtieri ha annunciato la possibilità che entro la fine del mese venga varato un decreto per ridurre la tasse a 14 milioni di lavoratori finora esclusi dal bonus di 80 euro in busta paga. Il ministro dell’Economia venerdì incontrerà i sindacati per parlare proprio di fisco e da parte di M5s, oltre che dello stesso Premier Giuseppe Conte, c’è la volontà di arrivare alla riduzione delle aliquote Irpef. «C’è un’annunciata attenzione ai redditi medi, ma resta il problema delle clausole di salvaguardia con cui bisognerà fare i conti alla fine dell’anno, oltre che il rischio che la pressione fiscale, già non bassa, non diminuisca se si andranno a ridurre le detrazioni e deduzioni fiscali già da anni nel mirino», è il commento di Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, alle ipotesi di intervento sul tappeto.
La questione fiscale è in ogni caso la priorità per l’Italia?
Dati i sacrifici ormai pluridecennali che il Paese ha fatto, il modo migliore per ridare fiato ai redditi resta quello di favorire la crescita. Se l’economia cresce, con buoni posti di lavoro, cioè con reddito adeguato, di questi provvedimenti sul sistema fiscale non si avverte l’urgenza, se non per alcune razionalizzazioni. Quello di cui le famiglie hanno bisogno è la possibilità di avere due redditi. Al momento nella grande maggioranza di casi c’è infatti un solo reddito, spesso sempre più precario e frammentato. Insieme a una riduzione di alcuni servizi chiave come l’istruzione e la sanità.
Per quale motivo le famiglie sono a maggioranza monoreddito?
Perché o manca il lavoro o uno dei due possibili lavoratori è impegnato con i figli e/o con i genitori anziani. Se si vogliono avere due redditi in famiglia come normalità, e si vuole cercare anche di contrastare il declino demografico, occorre una struttura economico-sociale che consenta ai genitori, e alla donna in particolare, quando i bambini sono piccoli, di conciliare famiglia e lavoro.
Per avere famiglie con due redditi bisogna quindi puntare sui servizi a essi rivolti. E poi?
Va anzitutto chiarito che l’obiettivo non sono due redditi qualsiasi, ma redditi stabili. Per questo è importante che ci sia una buona crescita economica, capace di garantire buoni salari in misura continuativa. Prevedendo anche un sistema efficace di sostegni in caso di disoccupazione momentanea.
Resta il problema delle risorse limitate per raggiungere questi obiettivi.
Visto che c’è reciproca stima tra Gualtieri e la Commissione europea, il ministro potrebbe riuscire a fare in modo che si metta in movimento un circolo virtuoso di investimenti, tangibili e intangibili. Ancora non abbiamo un loro livello accettabile per poter ragionare di crescita. Se non vogliamo competere esclusivamente sul costo del lavoro, in Italia vanno promosse, alimentate, potenziate in tutti i modi l’innovazione e la ricerca. Occorre quindi investire in via prioritaria sull’educazione terziaria, sull’istruzione superiore.
La soluzione è quella di riuscire ad arrivare alla possibilità di scorporare questi investimenti dal deficit?
Forse Gualtieri può ottenere qualcosa in tal senso, ma mi sembra che quella dello scorporo sia una disperante battaglia che non va mai in porto. Credo che adesso abbiamo un’opportunità con il piano di investimenti che la nuova Commissione vuol varare. Se c’è un’iniziativa che addirittura parte di Bruxelles, un Paese malandato come il nostro dovrebbe essere coinvolto. Se la von der Leyen si sbilancia con mille miliardi in dieci anni, non potrà non coinvolgere in modo massiccio l’Italia. Bisogna quindi che ci sia una massa critica di investimenti coordinata con Bruxelles. Mi lasci aggiungere una cosa.
Prego.
Se l’obiettivo del Reddito di cittadinanza è anche quello di aumentare l’occupazione, non capisco perché non si usino le risorse direttamente per investimenti utili alla collettività che creano posti di lavoro. Non sarebbe un modo nobile, e a beneficio di tutti, per sostituire un reddito che invece supplisce a una condizione di difficoltà? Perché non eliminare direttamente la difficoltà?
(Lorenzo Torrisi)