Progressività, equità, lotta all’evasione, nessun aumento del carico fiscale, no alla flat tax. Stando a quanto emerso nelle consultazioni, sarebbe questo il perimetro entro cui ha intenzione di muoversi il presidente incaricato Mario Draghi nella sua volontà di riformare il fisco. Si va nella direzione giusta? Di cosa ha bisogno il sistema fiscale italiano? Riuscirà l’ex presidente della Bce nell’impresa? Al momento, siamo ai capitoli importanti, alle parole d’ordine, ai cardini, che devono ancora essere dettagliate. “Allo stato attuale – osserva infatti l’economista Nicola Rossi, esperto di temi fiscali – ciò che noi conosciamo è l’opinione che altri hanno dell’opinione del presidente incaricato. E finché non avrà fatto direttamente chiarezza, è giusto dire che stiamo parlando al momento di semplici ricostruzioni”. Premessa doverosa. Ma Rossi, mettendosi per un attimo nei panni di Draghi, si sente di dare un consiglio: “Credo che nella situazione in cui siamo la preoccupazione principale debba essere quella che alla fine l’esito di questa riforma è avere un fisco orientato alla crescita”.
Secondo lei, quali saranno i principi ispiratori, la “scuola di pensiero”, su cui Draghi si appoggerà per la sua annunciata riforma fiscale?
Ribadita la premessa che ho illustrato prima, la mia sensazione è che Draghi dovrà tener conto delle posizioni dell’ampia maggioranza che presumibilmente lo sosterrà.
Nel senso che andrà incontro a spinte contrapposte?
Escludo si possa immaginare una flat tax, come richiesto dalla Lega, così come un sistema ad aliquota continua sul modello tedesco, come auspicato dalla sinistra. Immagino che ci si indirizzerà verso una soluzione intermedia.
Quale potrebbe essere?
Rivedere l’attuale struttura delle aliquote, renderla più coerente, riscriverla facendo sì che siano meno episodici i salti attuali delle aliquote marginali, uno dei problemi principali dell’attuale Irpef. Penso che questo possa essere il punto di partenza.
Come si persegue questo obiettivo?
In molti modi diversi.
Lei cosa suggerirebbe?
Mi auguro innanzitutto che lo si faccia mantenendo, per esempio, una stretta coerenza fra questo ridisegno della curva delle aliquote e l’assegno unico, che andrà in vigore nella seconda metà dell’anno. Mi auguro poi che, qualora si adottasse questa soluzione, sia coerente con le attuali imposte cedolari su alcune tipologie di reddito. Terzo: leggendo ciò che la Banca d’Italia scrive da tempo sul tema, mi auguro che si voglia mettere mano con serietà alla pletora di spese fiscali, le tax expenditures, molte delle quali sono semplicemente inutili, se non addirittura controproducenti. Infine, nell’ottica di avere un fisco orientato alla crescita, sarebbe molto utile mettere mano anche all’attuale imposta sulle persone giuridiche, così da consentire una più ampia patrimonializzazione delle imprese e da incentivare gli investimenti privati. Questi, a mio avviso, dovrebbero essere gli interventi essenziali.
Qual è l’obiettivo a cui mira Draghi? Sarà un intervento circoscritto o avrà una portata più ampia?
Non saprei dare una risposta. Ma la stessa Banca d’Italia invita a predisporre una riforma ampia che riveda in maniera coerente molti aspetti dell’attuale sistema fiscale. E io concordo totalmente. È assolutamente necessario lavorare in questa direzione.
Partiamo dai punti già emersi dalle consultazioni di questi giorni. Si parla di riforma dell’Irpef difendendo la progressività senza però aumentare il carico fiscale. Conviene intervenire sulle aliquote o sugli scaglioni?
Bisogna operare sia sulle aliquote che sugli scaglioni. Alla fine l’obiettivo dovrebbe essere quello di avere una progressione delle aliquote marginali che sia ragionevolmente priva di balzi e di valori eccessivi. E bisogna lavorare anche su quelle eventuali detrazioni e deduzioni che dovessero rimanere in piedi, perché il fatto che molte di queste tendono a scendere al crescere del reddito è un’altra delle cause dell’andamento erratico e a volte aberrante delle aliquote marginali. Purtroppo sono molti gli elementi di cui tenere conto e bisogna considerarli tutti assieme.
Il suo auspicio?
Che il presidente incaricato affidi a poche persone competenti di cui si fida un lavoro istruttorio, perché bisogna guardare l’architettura del sistema fiscale nel suo complesso. Difficile farlo in un dibattito parlamentare.
Ma tutto ciò non richiederebbe tempi lunghi?
Non necessariamente, perché sono questioni di cui si è discusso approfonditamente e su cui c’è già una discreta evidenza. Il mio consiglio è che bisognerebbe proporre al Parlamento un pacchetto con una sua coerenza, altrimenti ci ritroveremo di nuovo con un sistema fiscale come quello attuale, in cui i punti di scarsa coerenza sono tanti e oltre tutto sono quelli in cui si determinano quelle iniquità del sistema che lo rendono insopportabile.
Può citare un esempio?
Il progressivo scollamento nella tassazione delle persone giuridiche fra bilancio civilistico e bilancio a uso fiscale, che rende molto complicata la vita delle imprese e andrebbe ricondotto a una distanza più ragionevole, se non addirittura azzerato. Ci sono poi elementi del nostro sistema fiscale che sono incompresi e probabilmente incomprensibili, come l’Irap, un’imposta ottimale se scritta a tavolino, ma che nella pratica si rivela incomprensibile. Invece un sistema fiscale ordinato deve far sì che il contribuente comprenda la natura della tassa.
A proposito di Irap, visto che Draghi è intenzionato a tagliare le tasse sul lavoro, potrebbe essere abolita?
Dovremmo in realtà dire quel che rimane dell’Irap, che nel tempo è stata tagliata qua e là. Bisognerebbe allora avere il coraggio di fare il passo finale: eliminarla del tutto e sostituirla con una sovraimposta sul reddito delle persone fisiche mirata a finanziare la sanità.
Altro capitolo in agenda: pugno di ferro contro l’evasione: sarà davvero una lotta efficace? E come?
L’evasione fiscale si combatte, in primo luogo, con gli strumenti informatici, mettendoli in rete e in comunicazione fra loro. Credo che l’Agenzia delle Entrate abbia davvero tutto ciò che serve per combattere seriamente l’evasione fiscale. Aggiungo però un altro aspetto: ha avuto un discreto successo – e il direttore dell’Agenzia lo ha sottolineato nella sua audizione in Parlamento – l’attività intesa a prevenire i problemi, sollecitando e “suggerendo” la compliance da parte dei contribuenti. Questa strategia va sviluppata in ogni forma possibile.
L’emergenza Covid ha lasciato pesanti ferite su imprese e famiglie, addosso alle quali sta per cadere una pioggia di cartelle esattoriali. Draghi potrebbe proporre una proroga dei versamenti fiscali per venire loro incontro?
In realtà non c’è solo il Covid. L’Italia sta uscendo da dieci anni segnati da almeno tre crisi di grandi proporzioni e il tema del pregresso va senza dubbio affrontato.
Con quali armi?
Se il pregresso, da un lato, segnala la difficile situazione di molte imprese, che per cause esogene alla loro capacità imprenditoriale si trovano in una situazione debitoria con il fisco, dall’altro evidenzia l’incapacità del fisco di porre su un sentiero di sostenibilità i rapporti con i contribuenti.
Perché?
Il fisco fa la faccia feroce, però poi – dati della Corte dei conti alla mano – porta a casa 13 euro su 100, una proporzione bassissima.
Come se ne esce?
Bisogna avere il coraggio di fare una cosa molto semplice: fermare le macchine, non inviare come si pensa 50 milioni di cartelle nei prossimi mesi e mandare agli italiani in debito con il fisco una sola comunicazione, in cui viene riassunta la loro posizione debitoria fino al 31 dicembre 2020, proponendo loro un piano di rientro, per esempio in 10 anni.
Dove sta il pregio di una simile scelta?
Così si ripristina un rapporto sostenibile con il contribuente e si avvia a soluzione il nodo del pregresso. Non solo: all’interno di questa operazione bisognerebbe anche dimenticarsi di sanzioni e interessi di mora, come già fatto in occasione delle rottamazioni, e liberarsi dalle partite di entità minore, perché creano più problemi che altro.
Draghi però esclude un condono fiscale…
Se si percorre la strada che ho appena delineato per migliorare una disastrosa politica di recupero crediti non c’è ovviamente spazio per condoni di alcun tipo. C’è spazio per una ridefinizione sostenibile del rapporto fra fisco e contribuente.
Il presidente incaricato ha detto no alla flat tax: giusto non prendere in considerazione l’aliquota piatta?
Se nella maggioranza che sosterrà Draghi ci saranno sia la Lega che il Pd, mi sembra irragionevole che trovi spazio la tassa piatta tout court così come il modello tedesco tout court, che rappresentano i due estremi del dibattito sul fisco. Ma si può tranquillamente costruire – come nel mio progetto elaborato nel 2017 – un modello con due aliquote, la seconda in parte dedicata al finanziamento della sanità. Si può trovare una soluzione ragionevole lavorando sul numero degli scaglioni, sulla struttura delle aliquote tale da mantenere una relativa semplicità di comprensione e un ragionevole grado di progressività. Non mi impiccherei al tema di quante aliquote.
Draghi incontrerà resistenze? Subirà condizionamenti politici? Soprattutto da chi?
Penso che quel che abbiamo delineato come possibili direttrici per una riforma fiscale siano perfettamente accettabili da molte delle forze che dovrebbero sostenere il governo Draghi. Il punto è un altro: ognuna delle parti tenderà a tirare la coperta della riforma fiscale dal suo lato e il risultato potrebbe essere un ripristino dell’elevata incoerenza che caratterizza l’attuale sistema.
Cosa dovrebbe fare Draghi?
Credo che debba avere in mente l’idea di un sistema fiscale coerente, perché le riforme fiscali si fanno ogni 50 anni per durare 50 anni e non per qualche mese, come abbiamo immaginato di fare negli ultimi 20-30 anni. Ma la vera preoccupazione è un’altra.
Quale?
Nella situazione in cui siamo è decisivo che l’esito finale dell’annunciata riforma conduca a un fisco orientato alla crescita, perché noi abbiamo disperatamente bisogno per i prossimi 20-30 anni di crescere in maniera solida e significativa, altrimenti il peso del debito diventerà insormontabile.
Draghi ha in mente questa prospettiva?
Se posso per un attimo mettermi nei suoi panni, credo che questo sarebbe il mio obiettivo fondamentale.
(Marco Biscella)
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