Il Premier incaricato ha parlato poco o nulla. In questi giorni hanno interloquito con il Prof. Draghi le forze politiche e alcune parti sociali. Il mondo delle professioni è stato trascurato come lo era stato sotto il passato Governo. Basta ricordare, infatti, che i bonus non sono stati riconosciuti ai professionisti. L’esclusione è stata motivata sostenendo che avendo le professioni casse previdenziali autonome dovrebbero essere queste a dover agire e non la fiscalità generale. Tuttavia nel 2018 i contribuenti Irpef titolari di partita Iva sono stati 3,6 milioni e larga parte dei professionisti non forfetari, 494 mila, ha versato una Iperf media di 18.630 euro (circa tre volte quella dei lavoratori dipendenti). Le professioni, dunque, contribuiscono alla fiscalità generale dalla quale si attinge per erogare i ristori.
Dalle poche notizie sin qui disponibili sembrerebbe che il progetto di riforma fiscale in cantiere preveda di mantenere la progressività dei prelievi, da attuare operando però una rimodulazione di aliquote e scaglioni, e la, sempre attuale, lotta all’evasione fiscale. È esclusa, quindi, la flat tax con la conseguenza che poca attenzione viene riservata al popolo delle partite Iva.
L’opzione preferita sembra essere la tassazione secondo il modello tedesco, con aliquote continue e una crescita più graduale del prelievo. Una maggiore progressività sarebbe garantita dal parziale ritorno dei redditi da capitale nella base imponibile dell’imposta sul reddito. Non è ancora chiaro come si arrivi alla maggiore progressività e se il percorso che si vorrà intraprendere passa per l’abolizione della versione attuale della flat tax. Seguendo questa strada si realizzerebbe un aumento delle tasse per coloro i quali attualmente beneficiano della flat tax (Partite Iva con fatturato fino a 65.000 euro) che da un anno, al pari dei dipendenti del settore privato, sono alla finestra perché il proprio lavoro è messo in discussione dal Covid.
Altrettanto non è chiaro come si affronta il tema, sempre attuale, dell’evasione fiscale. Sul punto vale la pena ricordare che lo scorso anno è intervenuto anche l’ex ministro Visco, il quale ha osservato come i provvedimenti adottati negli ultimi anni non lo abbiano convinto per quanto attiene ai risultati raggiunti. Analogo giudizio vale per il fisco telematico e la miriade di adempimenti periodici introdotti che realizzano spesso un appesantimento dei costi per burocrazia.
Ritornando alla proposta di adottare il modello tedesco va osservato come la riforma fiscale rivesta un ruolo centrale poiché i tributi sono il fondamento della spesa pubblica. Il sistema tributario disegna la società che si vuole. La tassazione del reddito d’impresa e di quello professionale dovrebbe essere coordinata con quanto previsto dall’imposta sulle società. Andrebbero superate le attuali differenziazioni basate unicamente sulla forma giuridica adottata dall’impresa, in modo da equiparare il trattamento fiscale tra soggetti similari sotto il profilo dimensionale e reddituale per evitare che scelte organizzative non efficienti siano dettate essenzialmente da motivazioni fiscali.
Per quanto riguarda il prelievo, andrebbero distinti il reddito d’impresa – da assoggettare alla stessa aliquota di tassazione a prescindere dalla forma prescelta (impresa individuale, società di persone, società di capitali) – da quello attribuibile all’imprenditore o al socio. Un intervento in questo senso era contenuto nella legge delega per la riforma del sistema fiscale del 2014, ma non trovò attuazione. Nel 2017 si cercò ancora una volta di operare in questo senso con l’introduzione dell’Imposta sul reddito d’impresa (Iri), che però fu prima rinviata e poi abrogata nel 2019. L’Iri prevedeva l’applicazione di aliquote differenziate per il reddito d’impresa “prelevato” dall’imprenditore o dai soci, assoggettato a imposta progressiva personale, e il reddito mantenuto in azienda, tassato in via proporzionale alla medesima aliquota dell’Ires.
Una proposta potrebbe prevedere che tanto il lavoro d’impresa quanto quello professionale, sia che venga esercitato nella forma individuale che nella forma collettiva, andrebbe assoggettato alla medesima tassazione e, dunque, con un’aliquota fissa da applicare al reddito imponibile. Solo il successivo uso personale del reddito da parte dell’imprenditore o del professionista andrebbe tassato con le aliquote progressive previste per il lavoro dipendente del settore privato.
Al momento non si comprende come la proposta di una tassazione alla tedesca possa assicurare l’equità che va riconosciuta ai lavoratori autonomi e ai dipendenti del settore privato. Non è da escludere che la soluzione tedesca possa portare, attraverso la rimodulazione degli scaglioni, alla determinazione di un’aliquota media simile alla flat tax realizzando implicitamente la stessa.
Se questa è la soluzione sarebbero contenti coloro che vogliono la progressività e anche coloro che vogliono la flat tax.
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