Lega e Movimento 5 Stelle non sembrano essere divisi solamente sulla Tav, ma anche sugli interventi da inserire nella Legge di bilancio, specie per quel che riguarda il fisco. Il Carroccio preme per cancellare la Tasi, varare una rottamazione delle cartelle esattoriali e rivedere i famosi 80 euro in busta paga di renziana memoria. I pentastellati puntano più su un taglio del cuneo fiscale, intervento che sembra collegato all’introduzione del salario minimo. «Ho l’impressione che al momento più che ipotesi siano semplici dichiarazioni, visto che non si conoscono esattamente le coperture di questi interventi. È difficile quindi dare una valutazione», ci dice Nicola Rossi, economista e Presidente dell’Istituto Bruno Leoni.



Si parla comunque di utilizzare e riconvertire gli 80 euro in busta paga introdotti da Renzi. Cosa ne pensa?

Già a suo tempo avevo detto che era una misura mal pensata, mal disegnata e ancora peggio attuata. Una misura fatta in fretta per ragioni in larga parte elettorali, uno di quegli interventi di politica economica che non si può fare in tal modo. Il fatto che gli 80 euro in busta paga vengano per così dire riconvertiti mi sembra quindi una cosa del tutto ragionevole.



In che modo li riconvertirebbe?

Credo che la cosa più razionale da fare sarebbe attingere a questa voce di spesa per un ridisegno complessivo dell’Irpef. La mia sensazione è che non è questo che alla fine si farà. Probabilmente si opterà per un intervento specifico su una o due aliquote o su uno o due scaglioni. Quindi ripiomberemo nel problema da cui siamo venuti, cioè quello di misure di carattere episodico che si sovrappongono a una struttura dell’imposta ormai già assolutamente logora.

Per Salvini non sembra possibile diminuire in maniera sufficiente le tasse senza aumentare il deficit. Lei cosa ne pensa?



Penso che sia invece possibile, basta mettere mano alla spesa. Se si ha la forza politica, il coraggio di capire che il tema della riduzione della pressione fiscale va in primo luogo affrontato riducendo la spesa pubblica, la strada è semplice ed è anche la più “fruttuosa”. Se devo giudicare dall’ultimo anno, questa mi sembra una maggioranza che in tutte le sue componenti trae alimento dalla spesa pubblica e dalla presenza dello Stato nell’economia. Quindi che da questo Governo possa arrivare una significativa riduzione della spesa pubblica lo considero molto improbabile. Anzi, posso dire impossibile.

La Lega vorrebbe cancellare la Tasi e rivedere l’Imu: una mossa utile?

Ci sono due misure – vedremo come e se saranno attuate – che in linea di principio considero positive. Una è sbarazzarsi dell’Irap, un’imposta incompresa e incomprensibile: prima ce ne liberiamo, meglio è. Ritengo che anche questa voce possa essere riportata all’interno della revisione della struttura dell’Irpef. L’altra misura è proprio relativa alla Tasi. Accorpare tutta una serie di prelievi a carattere locale mi sembra positivo, perché oggi ci sono tributi multipli, spesso e volentieri su basi imponibili praticamente identiche, che non fanno altro che complicare il sistema e renderlo più opaco.

Si sta accarezzando anche l’idea di una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali…

Veniamo da una crisi molto profonda, durante la quale un numero significativo di imprese ha subito delle perdite molto consistenti e non è stato quindi in grado di onorare i debiti nei confronti dell’erario. Trovo del tutto ragionevole che il fisco nei confronti di tale imprese decida di arrivare a una soluzione “transattiva”. Mi permetto di suggerire una soluzione diversa dalla rottamazione.

Quale?

Le imprese che sono andate in perdita negli ultimi dieci anni hanno maturato una serie di crediti fiscali potenziali, se così possiamo chiamarli, nel senso che possono essere esigibili solo nel momento in cui l’impresa torna a fare utili. Mi sembrerebbe ragionevole, come è stato fatto per le banche meridionali, consentire di compensare mediante tali crediti potenziali i debiti cumulati con il fisco. Non sarebbe un condono e libererebbe le imprese da un peso che, specie per le più piccole, è difficilmente sostenibile. Nel frattempo “pulirebbe” un po’ i cassetti dell’Agenzia delle Entrate, consentendole di occuparsi anche di altro.

M5s e lo stesso Conte puntano più a un taglio del cuneo fiscale. Cosa pensa di questo intervento?

Dal punto di vista del Governo, il taglio del cuneo fiscale dovrebbe andare a compensare i maggiori oneri per le imprese legati all’introduzione del salario minimo. Il che significa che dal punto di vista imprenditoriale non cambierebbe nulla. Non riesco a capire quindi come tutto questo possa aiutare le aziende a operare. A me sembra che ciò di cui l’Italia ha bisogno, ma non per motivi congiunturali, bensì strutturali, è una profonda riforma del sistema fiscale. Perché quello che abbiamo oggi è ormai visibilmente desueto, è un elemento di freno, non solo per il suo peso, ma per la sua complessità, per la sua opacità. Avremmo bisogno di un sistema fiscale più snello, più semplice, più comprensibile, in grado di consentire a famiglie e imprese di poter pianificare la loro attività senza difficoltà.

Sembra un obiettivo impossibile da raggiungere pensando non tanto a questo, ma anche agli ultimi governi…

È possibile che sia così, ma non è un risultato impossibile da raggiungere perché ci sono difficoltà tecniche, ma perché conviviamo ormai da molti anni con una politica debole, di pensiero prima ancora che di forza. Una politica che pensa di poter affrontare e risolvere i problemi semplicemente guardando il quotidiano e non calcolando che questo è un mondo in cui ormai sopravvivono i paesi che sanno guardare lontano e non quelli che si accontentano di risolvere, ammesso che ci riescano, il problema che hanno sul tavolo in uno specifico momento.

(Lorenzo Torrisi)